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Live Report: Glenn Hughes

Glenn Hughes

Charly Disco Club, Gubbio (Pg)

31 Maggio 2013

A mente fredda ancora non ci credo. Glenn Hughes, la storica voce dei Deep Purple, a due passi dal "paesello". Una bizzarria degna del miglior film di Mel Brooks, perché chi come me è cresciuto a "pane e Burn" questi sono i grandi sogni di un bambino che diventano reali. Gubbio, la storica città di Don Matteo e Nino Frassica (scusate non ho resistito…. Ehehehe), è davvero vicina e raggiungere la location del tanto sognato live è impensabile per chi ormai si è assuefatto a fare "viaggi della speranza" alla ricerca di questo o quell'artista. Lasciando perdere l'attesa, l'emozione dell'arrivo della voce del rock, l'ascolto del soundcheck e l'ulteriore attesa a colpi di nicotina e Tennent's arrivo decisamente al dunque, perché dei cazzi miei non frega niente a nessuno. E scusate il francesismo. Dopo una piacevole introduzione dei Blue Jade (valente tributo umbro alla grande famiglia Purple), il climax all'interno del piccolo Charly Disco Club è stato raggiunto quando Glenn Hughes è apparso appeso al suo basso. Applausi, ancora prima di una singola nota, scanditi con convinzioni dai circa 300 presenti. Accompagnato da parte dei Blue Jade (ovviamente assenti bassista e cantante del combo) ed in alcuni brani dalla chitarra di Matt Filippini, Glenn Hughes ha offerto uno spettacolo letteralmente miracoloso. Una voce marmorea, commovente e perfetta nel replicare gli inni che hanno reso unica l'esperienza "Mark III". Trovatemi voi un sessantenne capace di "assaltare" il pubblico con la doppietta "Stormbringer" – "Might just take your life"! Sfido chiunque tra le rockstar sopravvissute agli anni 70 a resistere ed addirittura MIGLIORARE (Sì lo scrivo maiuscolo, accidenti!). Un'esperienza unica quella vissuta durante le date del mini-tour italiano di Glenn, e l'epica versione di "Mistreated" è ancora lì a risuonare nelle mie orecchie. Con buona pace di uno svociato (a tratti) Coverdale. A degna chiusura di una maestosa prestazione da parte dell'Uomo di Cannock, una furente versione di "Soul Mover" (autentico capolavoro di groove e manifesto della visione musicale di Hughes) ed il tour de force di "Burn". Giù il cappello di fronte ad una autentica icona della musica moderna. Null'altro che pura emozione.