Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


Intervista con i White Skull

Recensioni: White Skull

"Will of the Strong"


Intervista con i Thomas Hand Chaste

Recensioni: Where The Sun Comes Down

"Welcome"

Recensioni: Pandora

"Ten Years Like in a Magic Dream"

Recensioni: Black Star Riders

"Heavy Fire"

Recensioni: Kreator

"Gods Of Violence"

Recensioni: Danko Jones

“Wild Cat”


Intervista con i Saxon

Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea

"Faces With No Traces"

Recensioni: Ted Poley

"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

Live Report: MUSKELROCK 2012

MUSKELROCK

Alvesta (Svezia), 31 Maggio-2 Giugno 2012

Testi e foto di

Che scusa migliore potevamo trovarci, per sfuggire dalle continue scosse di terremoto che attanagliavano la nostra terra, se non un bel festival in mezzo al nulla nella tranquilla campagna svedese? Eccoci dunque ancora, con una piccola delegazione di Flashforward, ad inizio Giugno, dalle parti di Alvesta, per l’oramai consueto appuntamento con il Muskelrock, di cui non ci perdiamo un’edizione dalla nostra prima avventura del 2010 (secondo anno di questo piccolo ma interessante evento). E che da allora casualmente e strategicamente si tiene il weekend prima dell’imperdibile –almeno per noi- Sweden Rock Festival, poco più di un centinaio di chilometri ad est di qui. Quest’anno abbiamo deciso di prendercela un po’ più comoda, prenotando mesi prima un B&B disperso nella periferia di un piccolo centro rurale ad una decina di minuti di auto dal Tyrolen, sede del festival, in luogo della “solita” tenda. E scelta non fu mai più azzeccata, noi provenienti dalla già bollente penisola italica, catapultati in un clima da inizio primavera, con minima di quattro gradi registrati dalla nostra auto nella notte di Venerdì. A dirla tutta, al nostro arrivo a Copenhagen la sera prima, scesi dall’aereo, non pareva far poi così freddo ma mano che ci avvicinavamo ad Alvesta, il tempo peggiorava sempre più, sfociando in un copioso acquazzone al nostro arrivo nel parcheggio del Tyrolen, poco dopo l’una del Venerdì. La pioggia, ma soprattutto il freddo penalizzerà così non poco soprattutto la prima giornata, o meglio quella che per noi era l’inizio del festival: il Giovedì sera c’era già stato un assaggio, con qualche band sul palco, ma il nostro volo arrivava troppo tardi per essere sul posto per tempo, quindi avevamo optato per una sosta in mezzo al nulla a metà strada per la notte.

Il Festival

Il festival anche quest’anno ha raggranellato un bel gruzzolo di band interessanti, pur senza annoverare nomi altisonanti, ci si può rallegrare con tanta qualità. Mancano gli idoli di casa Bullet, forse ancora concentrati sul nuovo album targato Nuclear Blast, ma comunque presenti fra il pubblico. Il numero dei biglietti in vendita -con prezzi pressoché immutati- era limitato a 1500 unità, ovvero quanto basta per fare un bel festival senza grandi problemi con servizi igienici, sovraffollamenti, lunghe code: lo spazio è ampio per tutti, e così è facile godersi la festa, soprattutto nei –rari- momenti di sole caldo. E soprattutto immutato il clima rilassato e da grande sagra paesana del metallo classico, che è la caratteristica principale del Muskelrock, così come la formula dei due palchi in alternanza ad ogni ora, non paragonabili a quelli enormi di festival più quotati, ma comunque ben allestiti, e sicuramente originali. Leggermente ampliata la scelta mangereccia, con l’aggiunta di uno stand esterno, vagamente italiano (Porco Diavolo il nome….). Confermato il campeggio libero, migliorati i parcheggi (più pianeggianti e spostati sul lato della strada adiacente al Tyrolen), di sicuro avrà avuto meno successo il vicino lago nelle mattinate: il clima è stato l’unica nota stonata del week end. Tipicamente svedese il photo-pit ad ingresso “libero”, nel senso che non c’era bisogni di alcun pass ma solo di una macchina fotografica in mano: provate voi a farlo in Italia… Altro neo di questa edizione, rispetto alla precedente, forse complice un po’ il freddo e il clima, le feste a fine serata all’esterno dell’area: non all’altezza delle infinite nottate di divertimento dell’anno scorso, molti forse, in preda al freddo e dopo giornate intensissime, hanno optato per il caldo del sacco a pelo.

Venerdì 1 Giugno

Dotatici del necessario braccialetto e dell’immancabile maglietta tenutaci da parte dall’organizzatore (sarebbe, infatti, riservata a chi compra il biglietto in prevendita), siamo comunque pronti ad entrare, dotati di birra in lattina d’ordinanza (sempre ben accetta all’interno, se si escludono le apposite aree recintate sotto i bar), cercando di ripararci alla bene meglio dalla pioggia.

La prima giornata piena di festival si apre verso le quattordici, fuori piove a dirotto, ma per fortuna siamo sotto il tendone del palco “piccolo”: tocca agli SKOGEN BRINNER risvegliare i presenti e certamente il tempo gli darà una mano perlomeno a radunare tutti i presenti al riparo. La band svedese canta nella lingua madre e sfodera uno stile che ricorda molto i primi Black Sabbath, lasciando il segno con dei buoni cambi di tempo. Un inizio incoraggiante per la nostra giornata.

Fortunatamente la pioggia ci da una tregua quando, verso le tre, è il turno dei GRIM REAPER: gli inglesi si trovano in una posizione “mattiniera” del bill e spiegano presto che ciò è dovuto al fatto di avere un aereo poche ore più tardi. Sono quindi qui un po’ di corsa, ma comunque il loro show è all’altezza. Steve Grimmett sfodera una buona prestazione vocale e dimostra ancora una volta che i suoi ‘Reaper (che poi in realtà l’unico membro originale è “solo” lui) sono più vivi che mai, e il pubblico seppur ancora non numerosissimo, li apprezza. C’è spazio per una cover di Dio, “Don't Talk to Strangers”, prima della conclusiva “See You In Hell”, che chiude degnamente uno show che avrà sicuramente fatto la felicità dei presenti, seppur il tempo a disposizione voli via troppo rapidamente. Solidi ed efficaci!

Torniamo sotto il tendone quindi per gli ELIMINATOR, giovane band inglese (e oggi ci saranno quasi solo nomi della scena britannica!) dedita chiaramente al più classico degli Heavy Metal di matrice, indovinate un po’, inglese. Manca la classe dei maestri, ma non manca l’energia e la voglia di entrare bene nella parte. Il pubblico, sarà anche che fuori nel frattempo si è scatenato un violento acquazzone, si affolla molto numeroso al coperto di questo palco. Il look è di quelli che richiamano, anche pacchianamente, agli Eighties, il cantante si presenta in spandex e il resto del gruppo non è da meno. Il risultato non è male, anche se non gridiamo certo al miracolo, un solido metal inglese, che scalda i presenti, ma non esalta fino in fondo. Da rivedere comunque!

Un violento, nuovo acquazzone ci tiene lontano dal palco dei MÄRVEL, che seguiamo al coperto e quindi non così dettagliatamente. Dietro alle maschere da supereroi/wrestler degli svedesi, troviamo un rock’n’roll alla Hellacopters molto semplice e scontato che alla fine non ci invita a sfoderare le mantelle anti pioggia per avvicinarci al palco se non verso la fine. Ci aspettavamo forse qualcosa di più, vista la loro pomposa presentazione, comunque anche loro sono da rivedere in condizioni ambientali più favorevoli!

Ci pensa poi lo show organizzato dalla GBG WRESTLING SHOW sotto il tendone a richiamare tutti al riparo: c’è già una bella folla quando anche noi ci mettiamo a bordo ring. Quest’anno l’organizzazione ha ben pensato, dopo le improvvisate degli anni scorsi di predisporre un vero e proprio ring, dove, in una situazione quindi meno indefinita rispetto agli scorsi anni, si sono sfidati alcuni improbabili personaggi della scena del wrestling svedese -fra cui anche una donna- acclamati dal tanto pubblico, tenuto lontano dai propri idoli solo da un flebile nastro più volte sfondato sia dagli spettatori che dai wrestler, nell’incredulità degli addetti alla sicurezza, in verità non proprio in numero così elevato e sempre molto tranquilli nel gestire la situazione, mai così pericolosa. L’ora e mezzo scorre così via fra una birra e qualche risata, il wrestling è fra le abitudini di questo festival ed è divertente vedere come il pubblico inciti i protagonisti e segua divertito le tante gag preparate in quest’occasione.

Si torna a fare sul serio quando sul palco esterno arrivano gli M-PIRE OF EVIL ed il cielo sembra finalmente un po’ schiarirsi. Diciamo sembra perché poco dopo si scatena un nuovo inferno d’acqua. Ma tornando al set, Jeffrey "Mantas" Dunn e Tony "Demolition Man" Dolan, entrambi ex Venom, sono i protagonisti di questa band e chiaramente sono frequenti le divagazioni su pezzi della loro ex-band… Si comincia con qualche episodio del loro recente disco “Hell to the Holy", poi purtroppo ci sono alcuni problemi tecnici che penalizzano l’esibizione tanto che dopo una “In League With Satan” quasi irriconoscibile, devono correre ai ripari e fermarsi un poco per provare a riparare il tutto. I presenti resistono sotto stoicamente e sono ripagati con un finale che sfodera "Black Metal" e "Witching Hour”, pezzi che chiudono una prestazione altalenante ma non per colpa degli attori sul palco che hanno fatto del loro meglio, per quella che è un’ottima “loro versione” dei Venom. Magari da rivedere in condizioni migliori e senza interruzioni!

Come ogni volta, c’è un momento in cui è necessario assentarsi per coprirsi per la sera ed il freddo molto più che pungente di oggi ci porta a cenare sotto il tendone quando sarebbe il momento dei Purson, che purtroppo però hanno dovuto dare forfait all’ultimo, sostituiti dai BRUTUS, band heavy psych che ci avevano già positivamente impressionato due anni orsono, e che è accolta calorosamente dai presenti. Ma vista l'ora li seguiamo distrattamente, ben più interessati alla nostra cotoletta e patate che a ciò che accade lì a poca distanza e così non ci perdiamo in inutili giudizi! Da annotare solo il cantante, che si presenta visibilmente ubriaco brandendo una bottiglia di vino, tanto da rovinare fragorosamente a terra verso la fine del concerto.

Siamo di nuovo, completamente, in pista quando verso le nove è il turno degli attesissimi HELL, annunciati anche allo Sweden Rock, e che quindi ci godremo in anteprima e, visto che sta scendendo la sera, in un’atmosfera migliore. E anche il tempo sembra finalmente aver dato una tregua, pur se le temperature stanno scendendo in picchiata. Gli occhi sono puntati su David Bower, nuovo frontman, arrivato a prendere il posto molto scomodo e portare a termine quello che Dave Halliday aveva lasciato in sospeso. Il loro disco era quasi pronto ad uscire ma l’etichetta fallì, lasciando la band nel limbo underground di demotapes, fino al tragico momento del suicidio di Halliday. Quindi solo lo scorso anno la band è riuscita a pubblicare il famigerato debut album, e da qui un insperato ritorno sulle scene. David Bower mostra di essere entrato ottimamente nella parte, l’immagine è ottima, un frontman sicuramente gagliardo. E lo show è molto teatrale e coinvolgente com’era lecito attendersi. Un ritorno insperato e che invece si dimostra riuscitissimo!

Si torna sotto il tendone, al caldo relativo visto che è pur sempre aperto su due lati, quando è il turno dei THE WOUNDED KINGS, altra band inglese -oggi più che in Svezia pare di essere nella Terra d’Albione- che accende questa notte con il suo doom molto classico e statico, che però se inizialmente fa leva sui tasti giusti, alla lunga tende a stancare anche i più fanatici cultori del genere, provati comunque da una lunga giornata di metallo. Lunghi tratti strumentali non aiutano a tenere vivo l’interesse, anche se i locali affollano in modo discreto pure questo concerto.

Il momento clou arriva quando il clima ha bisogno di una bella riscaldata, e loro, i RAVEN, sono sicuramente un buon modo di tenere alta la temperatura dei presenti, pur nel gelo della notte svedese. Una band, quella dei fratelli Gallagher, come spesso capita qui al Muskelrock, conosciuta ma non così fortunata da raggiungere certi picchi di fama, ma che comunque ha scritto agli inizi pagine importanti della storia della NWOBHM, quindi classica al punto giusto per essere headliner a questo festival. Lo show è di quelli da seguire dalle prime file, il solito classico ruvido heavy metal che il trio di Newcastle sfodera, accende i presenti con buona parte dei grandi classici della band fin dall’iniziale “Take Control”, ma troviamo pure qualche puntata sui lavori più recenti. Purtroppo anche stavolta, come già successo in passato, i nostri sono penalizzati da problemi tecnici, prima ad un microfono e poi ad un amplificatore: ci viene il dubbio che qualche problema sia legato a loro, dopo che due anni orsono al solitamente impeccabile Sweden Rock avevano avuto problemi agli amplificatori! “Rock Until You Drop” e tanti altri tuffi nel passato tengono però i presenti perlopiù incollati al main stage fino alla fine dell’ora abbondante a disposizione dei Raven, in fondo non capita proprio tutti i giorni di poterli vedere, e lo stato di forma dei nostri non è così andato come i tanti chili di troppo potrebbero far pensare!

Siamo verso fine giornata e poco dopo mezzanotte gli HORISONT cercano di tenere vivo l’interesse quando solo i più “strong” resistono imperterriti. Ma grazie agli organizzatori del Muskelrock, ora ci sono band abbastanza “calde” da giustificare la permanenza in zona. Si comincia con questa band di Goteborg, forse la vera sorpresa, per noi, di questo festival: il pubblico è caldo e numeroso –hanno pubblicato ben due album e non ne avevamo mai sentito parlare, peccato!- e il sound è molto seventies, tanto da ricordarci molto i più famosi Graveyard. Ed il risultato finale è molto simile, ovvero molto buono tanto da lasciarci uno dei migliori ricordi di serata, pur se per gran parte del set, causa stanchezza ci rifugiamo in zona sedie, per trovare un po’ di sollievo.

Anche perché ci aspetta ancora un ultimo concerto: sul palco esterno si preparano i RAM. Gli svedesi sono uno dei nomi che più attendevamo di vedere, ma i quattro gradi di temperatura esterna ci mettono duramente alla prova, così cerchiamo riparo il più possibile, seguendoceli ad un certo punto da lontano ma leggermente più al “caldo”. Peccato, perché in altra posizione più “comoda”, avrebbero sicuramente avuto anche molto più seguito. Lo show comincia con il primo singolo estratto dal loro ultimo album –“Flame Of The Tyrants“- e il palco presenta lo stesso leggio tratto dal relativo video. Anche alcuni personaggi del wrestling svedese, presenti sempre nel succitato video saliranno sul palco, ma poco dopo si comincia a fare sul serio gettati i costumi: la band prova anche a coinvolgere il più possibile i presenti, il set è potente e veloce come si addice al loro heavy metal, ma alla fine il pubblico si assottiglierà sempre più: peccato, avrebbero meritato ben altra posizione!

Usciamo dall’area con i soliti solerti addetti alla sicurezza che sta già invitando tutti ad abbandonare il Tyrolen, sono già passate le due e confidiamo nell’after show: sotto la tenda esterna c’è un sacco di gente, proviamo ad entrare e troviamo posto a fatica, però manca un po’ di carica nell’aria e la stanchezza comincia a farsi sentire, dopo poco è il momento di fare ritorno al nostro B&B nell’atmosfera invernale della notte svedese: l’auto segna 4 gradi e il simbolino del pericolo ghiaccio si attiva: meno male che siamo a Giugno!


 

Sabato 2 Giugno

Ci svegliamo e il sole fa capolino, con comodo ci prepariamo alla nuova giornata che si preannuncia molto meno umida, ma comunque non proprio calda, visto il vento freddo che sferza la campagna svedese.

Arriviamo poco prima delle due ed è quindi quasi subito il momento dei canadesi CAUCHEMAR. Accolti da un pubblico ancora un po’ freddo, sfoderano un buon doom atipico e veloce. La band canadese –madrelingua francese- presenta una cantante donna, vestita con un mantello che ha un buon atteggiamento sul palco e canta in francese, cosa assai rara per il genere. Con un solo EP alle spalle (“La Vierge Noire”) e la giovane età dalla propria parte sono sicuramente fra i nomi da tenere d’occhio per il prossimo futuro. Chiudono rendendo omaggio ai Candelmass con la cover di “Under The Oak”, accattivandosi ancor più l’apprezzamento dei locali.

Dopo di loro tocca agli olandesi VANDERBUYST. Piacevole sorpresa di giornata, su disco ce li ricordavamo più hard rock, dal vivo sfoderano una vena più heavy metal. E il pubblico accorre in discreto numero, sotto al sole pieno che finalmente irradia l’arena, nonostante sia ancora molto presto. Lo show è abbastanza solido, il sound corposo e classico, con qualche coro azzeccato, ma alla lunga un po’ scontato e monocorde: non è che rimarrà scolpito così a lungo nella nostra mente, ma il loro sporco lavoro lo hanno fatto e benone.

Sotto il tendone è il turno dei BLACK TRIP, heavy metal band proveniente da Stoccolma, che è nata intorno a Joseph Tholl (qui alla voce), chitarrista degli Enforcer e Peter Stjärnvind, batterista dei Krux, ex-Entombed fra i tanti altri. Queste semplici premesse ci portano ad aspettative molto elevate, e perciò sarà facile essere ipercritici verso di loro: se i pezzi sembrano ben fatti, il cantante non è completamente all’altezza al ruolo, almeno da quanto visto in questa occasione su questo piccolo palco. Il pubblico è comunque molto partecipe e contribuisce a rendere la loro apparizione abbastanza intensa da meritare una valutazione nel complesso positiva: vediamo se l'evoluzione di questo progetto -che porterà probabilmente ad un album- porterà a risultati migliori!

Il ritmo incessante ci porta sotto al “main” stage per i SIENA ROOT e a cambiare di nuovo genere, ma non città natale, sempre di Stoccolma stiamo parlando. Si tratta stavolta però di un progetto molto più sperimentale, nato attorno ad un trio di musicisti, con la band che ha in line-up continue mutazioni, alla voce troviamo ad esempio una nostra “vecchia” conoscenza, Jonas Åhlén, cantante dei Backdraft. L’unico filo conduttore è un’infinita passione per i suoni rock classici dei seventies, a larghi tratti mischiati a suoni “esotici” come quello di un sitar che da ai loro pezzi un’aria vagamente indiana, all’interno di un sound principalmente heavy psych, raro esempio di questa edizione, di un genere che gli anni scorsi aveva avuto ben più spazio.

E’ il momento di un po’ di sonorità più semplici e classiche con gli SPIDERS, band di Goteborg dedita ad un hard rock settantiano abbastanza semplice e pieno di energia. Preceduti da recensioni positive, dal vivo non sembrano mantenere le promesse del tutto, penalizzati però dobbiamo notare, anche da qualche problema con i suoni. Ma il pubblico è sempre molto partecipe e così anche la loro esibizione si chiude con un voto positivo. Positivo come l’impressione della cantante Ann-Sofie Hoyles: certo non paiono –ancora- avere quel feeling e quell’appeal che hanno ad esempio i conterranei Graveyard, ma la band è ancora abbastanza giovane, di strada davanti ce n’è sicuramente parecchia da percorrere.

E’ quindi il turno di un pezzo di storia che attendavamo con ansia, rivedere i PICTURE! Gli olandesi ci avevano estasiato nel ritorno in scena prima allo Sweden Rock, confermando e ampliando l’ottima impressione nella successiva Steel Fest di Bologna. Ed anche oggi dobbiamo confermare che i Picture sono tornati, in forma strepitosa ed il pubblico è accontentato con un altro bellissimo show. E non parliamo solo della fantastica chioma di Pete Lovell. La band ha dato alle stampe da poco un nuovo lavoro in studio a suggellare la reunion, “Warhorse”, così il set, infarcito di vecchi classici e qualche nuovo pezzo che ben s’incastra nella loro scaletta. Concerto solido ed efficacie che decolla verticalmente con “Heavy Metal Ears” e si tiene in alta quota fino a quando si spengono le luci alla fine della stupenda “Eternal Dark”. Una goduria per gli amanti delle sonorità classiche!

Il solito momento di pausa –vestiario e cena- verso le otto ci distrae dagli YEAR OF THE GOAT. Diciamo che l’idea di cenare ci è venuta quando, attendendoci una band di chissà che tipo, viste le premesse bellicose che li presentavano, ci accorgiamo che salgono sul palco vestiti come appena usciti dal lavoro… Certo le canzoni presentano delle belle melodie, il cantante non è male, ma alla fine optiamo per la cotoletta, seduti comodamente distanti dal palco.

Ogni anno gli organizzatori portano un nome di quelli che solo i più attenti ricordano, e pure loro magari li davano per dispersi, e all’annuncio forse avevano detto “Poko chi??? Gep che?!”. Ed invece ecco qui i POKOLGEP! Buon concerto degli ungheresi che sicuramente hanno attraversato momenti molto difficili nella loro lunga e travagliata carriera, ma oggi sono ancora in circolazione e ci propongono uno show eccellente, con il pubblico in estasi di fronte alla loro calata di hits degli eighties. Vedere degli svedesi cantare le canzoni in ungherese (bè più o meno), con la band sicuramente sorpresa da tale e calorosa accoglienza, vale come immagine per rendersi conto della grandezza di questo evento. Il cantante Attila Toth è sicuramente l’elemento di spicco ma oggi i Pokolgep hanno fatto uno show veramente bene riuscito. Chissà ora se e quando li rivedremo, ma per oggi ci ricordiamo una band da applausi!

La temperatura è ora altissima e sotto il tendone attaccano gli svedesi ENFORCER. L’entusiasmo del pubblico è alto anche sotto il loro palco, e i giovani metal hero locali rispondono, pur dal piccolissimo palco minore, con uno show energico, supportato da un pubblico che li sostiene dall’inizio alla fine. Usciti allo scoperto in giovanissima età, sono cresciuti già molto e questa sera hanno sicuramente proposto un set più maturo rispetto agli esordi, pur dovendo affidare la seconda chitarra al cantante, visto che con la recente separazione da Adam Zaars sono rimasti in quattro. La formula è semplice Heavy Metal degli eighties sparato a velocità molto sostenute, mentre è molto apprezzata la cover dei Savage, “Let It Loose”. Il tempo alla fine è tiranno e il sipario si chiude quando il pubblico è rovente. Inarrestabili!

Sono oramai le undici ed è già il momento degli headliners, i MANILLA ROAD. E l’attesa, pur nel freddo pungente della notte svedese è visibile con un folto gruppo di persone sotto al main stage. E gli americani rispettano alla grande le premesse, sfoderando un buon concerto, seppur siano lontani i tempi migliori, lo stato di forma è eccellente. Non è così facile vedere i Manilla Road dal vivo e comunque imbattersi in alcuni dei loro pezzi migliori come “Open The Gates”, “Necropolis”, “Divine Victim” o “Flaming Metal Systems” è comunque garanzia di successo. Unico neo il poco tempo a disposizione, solo un’ora come per tutti qui al Muskel, la dura legge del festival, che se da un lato aiuta le giovani band ad avere un buono spazio, limita quelli più conosciuti. Berne la loro esibizione ci lascia un’ottima impressione, i Manilla Road sono ancora in pista, alla grande nonostante gli anni passino pure per loro!

Siamo in dirittura d’arrivo e il tendone ci riserva l’ultima esibizione al coperto di questa edizione, con gli ACID KING: ovvero un altro bell’esempio di stoner, con pezzi a tratti troppo lunghi e sperimentali se vogliamo -e l’ora non aiuta ad evitare il colpo di sonno- con una vena molto doom. In fondo il pubblico pare molto caloroso nei loro confronti tanto da spingerli a forza a fare il bis, quando oramai si stavano pregustando una doccia calda. Il trio americano non è certo in giro da due giorni e sicuramente l’attentissimo pubblico svedese (oppure gli ubriachissimi presenti?!) li ha seguiti in adorazione, mentre noi arranchiamo con le ultime energie residue di giornata, ma apprezziamo la qualità della proposta pur seguendo a distanza.

Forse gli organizzatori l’hanno fatto apposta? Certo che dare l’ultimo slot di giornata, dopo l’una, con cinque-sei gradi di temperatura nell’aria tagliente che avvolge il Tyrolen, ai THE DEVILS BLOOD dev’essere stata una sfida aperta per decidere chi fosse il più strong del Muskelrock! Non che la proposta musicale degli olandesi –di recente usciti con un nuovo album ottimamente accolto dalla critica- ci sia così indigesta, ma viste le condizioni -miste anche ad una certa stanchezza- non è stato facile resistere fino alla fine! Diciamo che la band di Eindhoven ci propone un set a doppia velocità, così dopo un inizio dedicato all'ultimo lavoro, più scoppiettante oseremmo dire, s’impantanano nel finale, portando allo sfinimento tanti dei coraggiosi rimasti al gelo, con il nuovo arrangiamento di "Voodoo Dust", lungo e macchinoso che finirà per fare duramente la selezione. La band si presenta con un look azzeccato, i componenti della band paiono coperti di sangue e l’impatto iniziale è stato sicuramente positivo e pieno di energia. Diciamo che se si fossero esibiti qualche ora prima il riscontro sarebbe stato ben maggiore ed anche noi avremmo accolto con estasi il finale. Sicuramente in qualche modo chiunque sia rimasto fino alla fine ricorderà questo concerto per tanto tempo.


 

Game Over...

Bene, siamo così giunti alla fine anche di questa edizione: il pubblico defluisce all’esterno e la tenda esterna è ancora un po’ affollata, ma dopo una breve attesa per vedere se la serata era un po’ più movimentata della precedente, la stanchezza ed il freddo hanno avuto la meglio: torniamo così verso la nostra sistemazione nella buia notte svedese, con un po’ di rammarico per la festa che è già finita: certo fra qualche giorno saremo allo Sweden Rock e la vacanza è ancora lunga, ma la mente già proiettata verso la prossima edizione: 30 Maggio-1 Giugno, stesso posto, stesso festival: sarà la quinta edizione e gli organizzatori hanno ben pensato -con un certo coraggio aggiungiamo- di tenere segreto il bill, annunciando comunque un festival di sicuro grande interesse. E noi ci saremo, no? Ma ricordate, Only the Strong Came To Muskelrock!