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Live Report: MUSKELROCK 2016

SPECIALE MUSKELROCK 2016

Tyrolen, Alvesta (Svezia), 3-5 Giugno 2016

Testi e foto di

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DOMENICA 5 GIUGNO: IL GRAN FINALE

 

La mattina della Domenica -ultima giornata di festival posticipata grazie al Lunedì di festa nazionale qui in Svezia- si apre con un sicuramente suggestivo set acustico dei WYTCH HAZEL a mezzogiorno presso la chiesetta che si trova a 500 metri dal Tyrolen, ma noi ce la prendiamo un po' troppo comoda e siamo in loco quando oramai è tutto finito, poco prima dell'una.

 

Siamo invece all'interno del Tyrolen in tempo per le due, sotto a un sole caldo ma mitigato da un bel venticello fresco, giusto in tempo per lo show dei TORNET. La band di Goteborg è abbastanza giovane e guidata dalla veemenza e dal magnetismo della cantante Martina Svärd che non sta ferma un attimo sul palco, pur se il resto della band forse non è altrettanto "dentro" allo show. Il cantato è in svedese (così come il nome della band, che almeno sappiamo voler dire "torre") e il genere proposto non è certamente scontato, molto settantiano, con tanto di specie di organetto e temi oscuri e psichedelici anche se il solleone non rende forse loro giustizia in pieno… non saranno l'evento che più ricorderemo di questo festival, ma un buon inizio di giornata, con una discreta energia. Primo nome da annotare in questa giornata.

 

 

Si prosegue quindi con i norvegesi LONELY KAMEL, sotto il tendone verso le tre. Il loro blues rock con tinte stoner e psych invade rapidamente la sala ma il pubblico non è ancora così sveglio e attento. Il loro set, superati alcuni evidenti problemi tecnici al basso, è abbastanza compatto e tirato, seppur anche loro se la cavino alla fine senza dare grandi scossoni al nostro pomeriggio che pian piano sta prendendo il volo mentre l'atmosfera molto lentamente si sta riscaldando.

 

Si torna all'esterno per il set dei MAIDAVALE. Band svedese completamente al femminile di recente formazione che alza in un attimo il livello della nostra attenzione. Anche loro hanno un sound "da Muskelrock", che ci catapulta direttamente nei seventies, psych quanto basta e con ampie venature blues, tanto groove e una verve tale che coinvolge immediatamente molto più i presenti. Il loro debut album "Tales Of The Wicked West" è da poco uscito e sicuramente sentiremo ancora parlare di loro, almeno nella loro terra natia dove questo genere pare avere un buon seguito anche fuori dalle "mura amiche" del Tyrolen. Altra piacevole sorpresa da annotarsi sul taccuino.

 

Dopo un inizio comunque su toni più settantiani, ecco che si torna sulla via del buon vecchio metallo quando arriva il momento dei KING WITCH. Gli scozzesi, formatisi da poco più di un anno, propongono in realtà un heavy metal non proprio convenzionale, con tante venature doom e guidati dalla potente e particolare voce di Laura Donnelly. Il pubblico ora anche qui sotto è un po' più attento e la risposta è calorosa. Ma è soprattutto la loro energia a tenere un discreto seguito sotto il tendone a quest'ora incollato alle transenne a muovere a ritmo la chioma. Da tenere d'occhio!

 

Il metallo classico comincia ora a farla da padrone e sul palco esterno è il momento dei LETHAL STEEL, da Stoccolma. Di sicuro sono la prima band "esplosiva" di giornata e il pubblico apprezza immediatamente, seppur non numerosissimo. Andando oltre ai soliti cliché di un heavy metal molto classico, un'immagine classicissima (forse fin troppo costruita), la loro proposta è condita però da un'attitudine giusta e tanta voglia di fare rivivere epoche già belle e andate. Arrivati da poco al loro debut, "Legion Of The Night", ci sparano un'oretta scarsa di metallo classico, senza grandi impennate ma facendo il loro sporco lavoro a testa bassa intrattenendo per bene i presenti. Non sono ancora a livello di altri nomi della scena scandinava, ma comunque su di una buona strada.

 

Ci perdiamo nuovamente il set esterno, troppo impegnati a seguire i Lethal Steel, così non riusciamo a vederci gli attesi NATUR. Siamo sotto il tendone interno al Tyrolen invece in tempo per cenare, con quello che oramai è rimasto in cucina –dopo tre giorni la scelta si è notevolmente ristretta ma si sopravvive- e seguire il concerto degli HÄLLAS. Altro veloce tuffo nei seventies, con sonorità che prendono a piene mani anche da prog e HM delle origini (con tanto di doppia chitarra ma anche tastiera), il tutto ben mischiato e portato in scena, con una buona energia che ci traghetta verso il prossimo evento all'esterno. Godibile il giusto e con un discreto seguito, buona compagnia per cena, forse anche qualcosa di più.

 

Il pubblico ora si accalca discretamente sotto il palco principale, è il momento di MINDLESS SINNER, due anni dopo la memorabile celebrazione del loro ritorno in pista sempre qui al palco esterno del Muskelrock, stessa ora stesso posto e… quasi stesso set. E quindi ancora una volta li troviamo in grande forma, sfoderare gran parte di quell'album di giusto trent'anni fa, "Turn On The Power", con solo qualche raro episodio di più recente fattura, tratto dal nuovo e secondo capitolo della loro storia uscito solo l'anno scorso, "The New Messiah". Il pubblico anche quest'anno risponde alla grande e l'ora di set sarà uno degli highlight di giornata, giù fino all'immortale "Master Of Evil".  Energia pura portata sul palco da tutti i componenti della band, che però sconta un po' meno attesa rispetto alla precedente occasione, pur facendo quello che ci si poteva aspettare. La forma vocale del frontman Christer è notevole e paragonabile, se non migliore di quella delle ben più giovani ugole della scena attuale, senza cedimenti lungo l'ora a disposizione. Macchine da guerra.

 

Si torna sotto il tendone per il secondo "Hemlig Artist" e anche stavolta osservandoci un po' intorno abbiamo avuto qualche sospetto, e così dopo aver visto un paio di facce sospette –Mike Scalzi non era certo qui per impartire una lezione di filosofia-ecco gli SLOUGH FEG brandire il palco. Gli americani sono acclamati da un pubblico numerosissimo come già accaduto da queste parti un paio d'anni orsono e anche più oggi a occhio e croce, con la sala strapiena e bollente. La band californiana risponde con l'energia che avevamo già conosciuto la precedente occasione, per un set che immediatamente s'issa fra i migliori di tutto il festival. La continua voglia del "professore" leader della band di essere un tutt'uno con il pubblico, spingendosi energicamente fin alle transenne, stabilisce subito un feeling ulteriore con i presenti e lo show dura ben oltre l'ora concessa solitamente. Una lunga esaltante bolgia metallica che estasia un po' tutti giù fino alla trascinante "Hiberno-Latin Invasion". Devastanti!

 

Sono passate le dieci da un po', sotto il tendone si è slittati in avanti di quindici-venti minuti e così anche fuori si temporeggia, visto che tutti sono a seguire gli Slough Feg e fuori ci saranno dieci persone in tutto. Arriva quindi il momento dei DIAMOND HEAD, il nome forse più "conosciuto" di tutta la kermesse, non fosse altro, per l'influenza che hanno avuto su band come Metallica e Megadeth. Gli inglesi hanno da qualche tempo un nuovo cantante danese, Rasmus, e c'è una certa attesa di vederlo all'opera, giacché personalmente non li vediamo dal British Steel di alcuni anni orsono a Bologna, ma quel set era ancora ben presente nella nostra mente. Dobbiamo dire che l'impatto non è dei migliori, la voce c'è ma l'attitudine e la presenza sul palco non sono paragonabili a quel Nick Tart che avevamo visto in precedenza. Il pubblico invece di fluire sempre più, a un certo punto comincia a sfollare, lentamente ma inesorabilmente l'arena, non un buon segnale anche se essendo l'ultimo giorno, qualcuno forse torna in tenda a bere le ultime birre e preparare le cose per il ritorno. Il set chiaramente è ravvivato dai tanti pezzi che i presenti conoscono a menadito e ha chiaramente apice nell'immortale "Am I Evil" che accende un po' di più il fuoco della passione, ma non da sensazioni di memorabile, richiedendoci forse una qualche more beer per migliorare l'entusiasmo…forse l'aspettativa era anche troppo elevata e al di là di un concerto musicalmente impeccabile, ma troppo freddo, e non parliamo di temperatura atmosferica… rimandati!

 

Ancora in discreto ritardo sul programma, ecco il momento dei DEATHHAMMER, aggiunti al bill all'ultimo momento, a completare un'ultima giornata che inizialmente doveva finire un'ora prima. Ed è il momento della band più estrema di tutto il festival. I norvegesi infatti propongono un thrash molto tirato con tinte black, un vero pugno in faccia dopo che sono usciti di scena i Diamond Head, una potenza di fuoco veramente notevole, apprezzata dai tanti presenti in sala con ancora qualche briciolo di energia in corpo. Noi seguiamo a distanza con curiosità, chi è sotto il palco è stato sicuramente soddisfatto dall'ora scarsa del loro set, notevole!

 

Il finale ora è tutto giapponese, beh più o meno. Dopo mezzanotte, sempre in discreto ritardo sul programma, ecco sul palco principale i SABBAT, o meglio la loro versione "svedese". Gezol, già visto in giro con le sue vistosissime scarpe rosse, è il capitano di questa squadra insieme al batterista Zorugelion, ma in questo caso sono accompagnati da due ragazzi svedesi, Pider, vocalist, e Dan, alle sei corde, dei Mordant. Il loro sound sempre al limite fra black thrash e heavy metal e la loro presenza seppur in una forma quasi da tribute band, è un'altra chicca, ma non l'ultima, di questo festival, una di quelle per cui veniamo ogni anno o quasi qui al Muskelrock. Il pubblico ora è molto partecipe e presente pur se la fine della kermesse sia oramai vicina, sembra in adorazione nuovamente del leggendario Gezol, impegnato più al basso che ai vocalizzi stasera, ma oramai eletto da tutti come MVP del festival. E così il tripudio comincia con "Blacking Metal", giù sulle varie "Mion's Hill" o "Evil Nations" per finire sulle incendiarie "Black Fire" e "Hellfire".

 

Last but not least, ecco la band di chiusura di questa edizione: i KIKAGAKU MOYO. Qualcuno avrà già pensato "Chiiiiiii????", beh diciamo che il nome non è certamente conosciuto dalle grandi folle…però è l'ultima chicca sfoderata da questo festival poco dopo l'una di notte, sotto il tendone. E questa band di giapponesi che sembrano atterrati qui direttamente dai seventies, dandoci una loro visione un po' orientaleggiante (sarà anche per il sitar) dell'heavy psych, arriva eccome ai presenti. In pochi minuti il quintetto di Tokyo ha già conquistato i presenti con le proprie "forme geometriche" musicali. La migliore chicca di tutto il festival, proprio quando oramai le energie erano ridotte ai minimi storici.

 

Sono le due passate da un po', il freddo è pungente (otto gradi nell'aria stanotte) e le energie al lumicino, c'è aria di smobilitazione e non passiamo nemmeno dall'after party per incamminarci verso il B&B l'ultima volta. L'indomani si rientra in Italia dopo essere tornati in auto lentamente a Copenaghen per il comodo volo serale. E come il solito alla fine di questi eventi, pur nella stanchezza di tre giorni impegnativi, prevale il vuoto, quando fino a due minuti prima della chiusura continuavi a dirti che tre giorni di festival erano forse troppi… vuoto riempito solo dal pensiero della prossima edizione: 1-3 Giugno 2017, noi faremo di tutto per esserci di nuovo, ma ricordate che Only The Strong Come To Muskelrock!


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