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RECENSIONE: Draconian "A Rose for The Apocalypse"

Draconian "A Rose for The Apocalypse"

(Napalm/Audioglobe)


Per Chi Ascolta: Gothic-doom, Tristania, Theatre of Tragedy.

Il ritorno dei Draconian a distanza di tre anni da “Turning Season Within” è all'insegna dell'antico. Abbandonato lo stile scarno che aveva contrassegnato il precedente album, la band ha adottato una tendenza che abbraccia gli stilemi più classici del gothic-doom aggiungendo altri elementi. L'intro di “The Drowning Age” è inquietante, giocato su una sottile corda di vibrante violino che lascia spazio al growl disperato e profondo di Anders Jacobsson, tra i migliori vocalist nel genere. Si alterna alla delicata Lisa che in questo caso si presenta leggermente più decisa e rock che nel passato, ma sempre elegante e femminile. Il tutto su di un tappeto musicale cadenzato, con brevi accelerazioni che rendono meno prevedibile la traccia e molto devono all'esperienza hard rock degli Shadowgarden, progetto parallelo di molti dei membri dei Draconian. Il primo singolo estratto è la seguente “The Last Hour of Ancient Sunlight”. Le tenere atmosfere romantiche create dalla voce femminile e dal violino si contrappongono alle parti più metal e dolorose. L'atmosfera creata è plumbea, pesante, ben rappresentata dal video dalle ambientazioni tipicamente industrial. Sulla stessa falsariga “End of The Rope” affidata quasi del tutto alla voce di Anders, interrotta brevemente da Lisa che intona pochi e delicati versi. Il violino dissonante le fa da efficace sottofondo. Meraviglioso l'outro di piano. “Elysian Night” ha un feeling malinconico, quasi darkwave. Molto più melodica delle precedenti, si appoggia per lo più alle linee vocali femminili, fragili, come se stessero per spezzarsi. Il bridge strumentale è sereno, cristallino e ci porta verso un finale dal marchio vagamente prog. Uno degli highlight di “A Rose for The Apocalypse” è “Deadlight” in cui le due voci si intrecciano e disegnano un accurato mix di raffinatezza e brutalità. La parte strumentale acquista vigore sul finale, ed è in un certo senso continuata dall'intro di “Dead World Assembly”, che poi si apre e lascia spazio ad un momento acustico. La traccia si alterna tra momenti tipicamente doom ad altri più decadenti. Nel bridge fa capolino il violino che accompagna Lisa e ci indica la strada verso il finale. “A Phantom Dissonance” è acustica nei primi secondi, ma presto assume anch'essa sembianze gothic-doom. Si può dire che sia quella più canonica nella struttura con il regolare alternarsi dei due vocalist. Un paesaggio desolato è quello che accoglie l'ascoltatore di “The Quiet Storm”. La voce di Lisa sembra provenire da un vecchio vinile, attorniata da cori che le fanno eco. Densa, evoca immagini lunari. “The Death of Hours” è 100% doom. Nessun dubbio al riguardo: i violini del bridge sono tra le cose migliori di questo CD. Sarebbe un'ottima traccia di chiusura se non le seguisse “Wall of Sighs”. Ci incanta con l'assolo degli archi e ci culla nell'incedere lento e sognante del doom punteggiato da riff di chitarra chiaramente rock.“A Rose for The Apocalypse” è un album non semplice, richiederà molti ascolti e pazienza per essere ben assimilato, ma rappresenta un ritorno importante per la band svedese dopo il discusso “Turning Season Within”. Lasciatevi abbracciare dal tessuto sabbioso della musica, dalla dolcezza, dalla violenza, dagli estremi che si trovano riuniti nella musica dei Draconian.


 

Momento D'Estasi: La title-track è il suo intro da film horror.

Colpo Di Sonno: L'album è molto uniforme, ma non concilia di certo il sonno.