Speciale Muskelrock 2019


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Recensione: Fate "If Not For The Devil"

Fate "If Not For The Devil"

(Avenue Of Allies)

Per Chi Ascolta: Hard Rock, Pretty Maids, Europe, Fate

Con la stessa formazione di "Ghosts From The Past" del 2011, i danesi Fate tagliano il traguardo dell'ottavo album in studio a quasi trent'anni dalla loro nascita in seguito allo split dai Mercyful Fate, in seguito a diverbi fra King Diamond e il suo chitarrista Hank Sherman, ma oggi solo il bassista Pete Steiner è rimasto quale originario membro della band. Nonostante non abbiano mai avuto un successo stratosferico, il nome dei Fate ha sempre avuto un suo richiamo fra i fans dell'hard rock melodico e le aspettative ad ogni loro uscita sono alte. Ebbene, "INFTD" è una raccolta di brani che non delude, anche se inevitabilmente lo stile e lo spirito sono ben diversi da quelli che animavano "A Matter Of Attitude" (1986) ad esempio, tanto che già da tempo si sono levate voci a chiedere con insistenza un cambio di nome, ma tant'è! La partenza a razzo con "Reaping" ci mostra una band tonica e viva che non lesina sulla pesantezza delle chitarre e sul ritmo, con un hammond ad irrobustire il suono ed un Dagfin Joensen (dalle isole Faroer) a pilotare con fare sicuro le vocals, quindi ecco arrivare la più cadenzata ed ariosa titletrack che non risparmia comunque energie. Entrambi i brani evocano lontani echi dei Pretty Maids e ciò non è un male. I Fate si mettono ad e l'hair metal americano con "Bridges Are Burning", accattivante e potente come la scuola di fine anni ottanta richiedeva, ma con le vivaci e più orecchiabili "Feel Like Making Love" e "Gambler" si possono godere momenti dei primi Fate mescolati ai White Lion di Mike Tramp, guarda caso danese anche lui. La ballad "Hard To Say Goodbye" scorre lasciando una sensazione forte di incompiutezza ed inaugura una serie di canzoni mediocri e poco ispirate come "Made Of Stone", "Man Against The Wall" e "My World", accomunate da una vena malinconica e drammatica. Le speranze di riascoltare brani migliori vengono esaudite da "Turn Back Time", magniloquente hard rock pomposo fra House Of Lords e primi Fate, le cui brillanti atmosfere vengono assorbite da quelle più oscure di "Taught To Kill" che cavalca i sentieri dell'heavy metal freddo e crudele. Di tutt'altro tenore la conclusiva "Gimme All Your Love", figlia dell'hard rock melodico e scanzonato degli anni ottanta, fedele compagno dei momenti nei quali si vuole ascoltare qualcosa che tiri su il morale. Peccato per la citata caduta qualitativa di quattro canzoni che contribuiscono negativamente alla valutazione complessiva di un cd che, altrimenti, sarebbe stata più alta. Nel complesso resta una buona esperienza da provare con ben pochi rimpianti e mi sento comunque di fare i complimenti a Steiner e soci, sicuramente per quanto riguarda la loro performance di musicisti ed interpreti di questo canovaccio intitolato "If Not For The Devil". Stavo dimenticando di menzionarli per cui rimedio subito: Torben Enevoldsen (ch – Section A, Fatal Force, Decoy, etc), Mikkel Henderson (tast - Burning Kingdom, Seven Thorns, Circus Mind), Jens Berglid (bt), Peter Steincke (aka Pete Steiner - bs) e Dagfinn Joensen (vc).


 

Massima Allerta: evitate da Hard To Say Goodbye a My World; il resto è buon divertimento e qualità

Pelo Nell'Uovo: ha ancora un senso fregiarsi del monicker Fate?