Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


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"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

Recensione: Fear Factory "Genexus"

Fear Factory "Genexus"

(Nuclear Blast)

Per Chi Ascolta: Industrial Metal

A vent'anni dal loro manifesto cybermetal ("Demanufacture"), i Fear Factory ribadiscono la propria leadership. E lo fanno con disarmante facilità. Esemplare l'incipit di "Autonomous Combat System": quanto di meglio si possa ascoltare nel 2015 in ambito heavy industrial, con Burton C. Bell che si dimostra in forma smagliante, tra cantati ringhiosi alternati ai consueti sprazzi melodici. Un marchio di fabbrica questo ormai brevettato da decenni, tuttavia ancor oggi in grado di lasciare basiti, vedi "Anodized" che non avrebbe sfigurato su "Obsolete" in virtù dell'implacabile riffing terzinato courtesy of Dino Cazares e del ritornello destinato a farne un classico. Battezzata da archi campionati e sorretta da fulgide armonie, "Dielectric" sfrutta con nonchalance l'effetto deja vu (la struttura è la medesima della storica hit "Replica"), ma con una qualità tale da far passare in secondo piano l'autocitazione. Ed è parimenti notevole anche "Soul Hacker", ovvero: come scrivere una canzone industrial al tempo stesso pesantissima e catchy (e con uno dei rari assoli di Cazares che plettra come un cyborg impazzito) al pari di"Protomech", levigata dal coro che si insinua sottopelle in maniera strisciante. In questa alternanza di forti emozioni, la titletrack compie un salto temporale all'indietro inquadrando gli esordi di "Soul Of A New Machine" (taluni stacchi di batteria potrebbero essere quelli di "Martyr"), puntando tutto sull'impatto feroce che non fa prigionieri, un tema che parzialmente ritroviamo in "Church Of Execution", sorta di Ministry in versione radiofonica e groovy. Si sale ulteriormente di livello grazie a "Regenerate", fra le tracce maggiormente sperimentali, sia come scansione ritmica che per l'avvolgente chorus (palese l'influenza di certa New Wave inglese) ed a "Battle For Utopia", FF sound all'ennesima potenza, come se i Vangelis jammassero con i Pantera. Tuttavia, è "Expiration Date" a dare il colpo di grazia: come da tradizione (vedasi "A Therapy For Pain" o "Timelessness"), nei titoli di coda i Fear Factory esibiscono la propria natura più atmosferica (non è difficile rintracciare echi degli U2), con Burton che regala una delle performance migliori della sua carriera. Completano il quadro l'impeccabile produzione del solito Rhys Fulber ed il mix portentoso di Andy Sneap, che hanno il merito di fotografare fedelmente un gruppo in evidente stato di grazia.


 

Cosa Funziona: Moltissimo. Brani, sound, stile riconoscibile all'istante

Pelo Nell'Uovo: Non pervenuto