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Recensione: Resurrection Kings "Resurrection Kings"

Resurrection Kings "Resurrection Kings"

(Frontiers Records)

Per Chi Ascolta: Hard Rock / Heavy Metal

Oggigiorno si utilizza la parola supergruppo,talvolta anche abusandone,per designare la collaborazione tra artisti di chiara fama che uniscono le rispettive influenze per dare origine ad un progetto comune. Il termine risulta essere quantomai appropriato nel caso specifico dei Resurrection Kings,soprattutto se si prendono in considerazione i quattro talenti cristallini che compongono la formazione. Per fornire una giusta descrizione delle sonorità contenute in questo disco d'esordio eponimo si può parlare idealmente dell'incontro dello stile musicale dei Black Sabbath (nella loro incarnazione di metà anni duemila,gli Heaven & Hell) nella figura di Vinnie Appice alla batteria,già militante tra le fila del gruppo di Ronnie James Dio insieme al chitarrista Craig Goldy,e dell'hard rock statunitense in quelle dell'ex Quiet Riot, Great White e Dokken ,Sean Mcnabb al basso e del cantante Chas West,in passato vocalist dei Bonham e oggi di Lynch Mob e Red Dragon Cartel.Credenziali davvero importanti accompagnano dunque l'ascolto di un album che affonda le proprie radici prevalentemente in un sostrato di hard rock melodico venato di coloriture settantiane (Rainbow e Led Zeppelin),che non disdegna affondi in territori anni ottanta con richiami agli Whitesnake fino a qualche tocco più pesante nella direzione dei Dio e dei Sabbath.Resurrection Kings si snoda attraverso una raccolta di brani,in prevalenza mid tempo, che oscillano tra hard rock ed heavy metal tradizionali,dal grande afflato epico originato dalla presenza delle tastiere di Alessandro Del Vecchio e irrobustito da tonellate di ottimi riffs e assolo sopraffini. Spiccano all'interno del disco,per differente sonorità,la ballata AOR "Never Say Goodbye"e la poderosa "Livin' Out Loud".Ma sono soprattutto i pezzi più ricchi di groove come l'iniziale "Distant Prayer" dal coro avvincente,la sostenuta"Don't Have To Fight No More" e le melodiche "Path Of Love",dalla forte matrice blues,e "Wash Away",dalla chiara influenza Giuffria/ House Of Lords,a stuzzicare maggiormente l'ascoltatore anche in virtù dell'interpretazione vocale suadente di Chas West,giocata su registri che se richiamano da lontano David Coverdale di certo possono riecheggiare da molto vicino l'impostazione di Jorn Lande e di David Readman (Pink Cream 69,Voodoo Circle).La produzione,come sempre inappuntabile,affidata ad Alessandro Del Vecchio ha il merito di evidenziare ogni singolo strumento;si riconosce infatti con facilità lo stile batteristico di Appice così come il suono tipico della chitarra di Goldie che,in canzoni come "Silent Wonder" e "Fallin' For You",ci riportano all'epoca della pubblicazione di Dream Evil (1987) di R.J.Dio. L'opera prima dei Resurrection Kings,per quanto non rivoluzionaria,si rivela al termine dell'ascolto particolarmente piacevole. Indirizzate verso un bacino d'utenza composto dagli amanti di sonorità hard rock più tradizionali,le composizioni sono infatti, nel loro insieme e nonostante talvolta una leggera sensazione di già sentito,di qualità elevata ed eseguite con grande maestria. Fan dell'epoca classica degli Whitesnake, Black Sabbath ottantiani, Dio e Rainbow,procuratevi l'album dei Resurrection Kings!


 

Massima Allerta: nell'imbarazzo della scelta,citerei il singolo "Who Do You Run To",a metà strada tra Lynch Mob e Ratt,e l'incalzante "Hade Enough",scritta in collaborazione con Nigel Bayley

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