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Recensione: Ricky Warwick "When Patsy Cline Was Crazy (And Guy Mitchell Sang The Blues)" / "Hearts On Trees"

Ricky Warwick "When Patsy Cline Was Crazy (And Guy Mitchell Sang The Blues)" / "Hearts On Trees"

(Nuclear Blast)

Per Chi Ascolta: Dal punk al folk passando per il r'n'r

Un malinconico sguardo alle esperienze passate per indicare ottimisticamente il futuro: questa potrebbe essere la sintesi della recente uscita firmata dall'ex leader degli Almighty, la cui prolificità negli ultimi anni è pari al valore artistico delle sue produzioni. Tra Thin Lizzy, Black Star Riders e lavori solisti, Warwick sta infatti finalmente capitalizzando, presso il vasto pubblico, gli sforzi di una carriera sino all'altro ieri apprezzata da una nicchia di ascoltatori. Travolto letteralmente dall'ispirazione, Ricky sceglie di mettere sul tavolo da gioco tutte le sue fiches azzardando, nell'epoca in cui i dischi non si vendono nemmeno regalandoli, la pubblicazione di un doppio album, specchio della duplice anima che da sempre lo contraddistingue: quella rock ed irruenta alternata alla vena intimista ed acustica. "When Patsy Cline Was Crazy (And Guy Mitchell Sang The Blues)" è battezzato come meglio non potrebbe essere da "Celebrating Sinking": semplicemente il clamoroso inno che i Therapy? non sono capaci di scrivere da almeno due decadi (non a caso ai cori troviamo il redivivo Andy Cairns), mentre il brano omonimo e "Toffee Town" sono perle che paiono estratte dal songbook degli Almighty del periodo "Psycho-narco" (2001). La posta si alza ancora in "Johnny Gringo's Last Ride", r'n'r stile Clash allo stadio puro con la comparsata di uno storico loser (Ginger Wildheart) e nella saltellante "Gold Along The Cariboo". Degno preludio questo alla pugnace "Son Of The Wind", il pezzo maggiormente acido del lotto, anticipatore di "Yesteryear", dalle inequivocabili stimmate Black Star Riders. Calato il sipario sulla parentesi elettrica se ne apre uno intimista col primo capitolo del secondo cd: "Hearts On Trees" è ammantato della tipica atmosfera da saloon polveroso (e dai vaghi rimandi a "Blaze Of Glory" di Bon Jovi), un mero divertissement che traghetta a quella meraviglia intitolata "Tank McCullough Saturdays". Riconducibile allo stile del precedente ellepì ("Belfast Confetti", 2009) possiede il pregio di coniugarlo alla bruciante passionalità di Lynott (il modo di cantare le vocali allungandole è identico a quello del compianto Phil). Che Warwick abbia acquisito ulteriore consapevolezza nei propri mezzi, grazie alla militanza nei riformati Thin Lizzy, è altresì dimostrato da "Psycho", tre minuti giocati su corde di nylon ed interpretazione semplice quanto vibrante. Va a bersaglio pure "Said Samson To Goliath", disegnata attorno alle stesse coordinate e preliminare a "Way To Cold For Snow", brano che tanto sarebbe piaciuto a Bono Vox, trattandosi di amarissimo soliloquio riguardo una relazione finita male in cui il Nostro si mette letteralmente a nudo. Parimenti a "The Year Of Living Dangerously", che sfrutta un canovaccio tematico non dissimile, accentuandone il pathos senza però scadere nel patetico. E "Disasters", pur presentando una struttura meno mesta (gli accordi potrebbero essere quelli di una canzone dello Springsteen più rurale), è l'ennesima riflessione rivolta ad un passato visto senza rimorsi, ma con alcuni rimpianti. Proprio quelli intorno ai quali è costruita "82", romantica ballata da falò sulla spiaggia tale da far sciogliere persino un cuore di pietra. Per una volta, abbondanza e versatilità del materiale proposto non fanno rima con riempitivo ed egocentrismo. Giunto alla soglia dei cinquant'anni, Ricky Warwick è l'esempio calzante di come si possa crescere invecchiando, senza riciclare sé stessi o (peggio) rischiando di cadere nella (involontaria) parodia che affligge innumerevoli vecchie glorie. Album autentico come raramente capita di ascoltarne, superfluo aggiungere altro.


 

Massima Allerta: "Celebrating Sinking" ha la stoffa di un futuro classico

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