Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


Intervista con i White Skull

Recensioni: White Skull

"Will of the Strong"


Intervista con i Thomas Hand Chaste

Recensioni: Where The Sun Comes Down

"Welcome"

Recensioni: Pandora

"Ten Years Like in a Magic Dream"

Recensioni: Black Star Riders

"Heavy Fire"

Recensioni: Kreator

"Gods Of Violence"

Recensioni: Danko Jones

“Wild Cat”


Intervista con i Saxon

Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea

"Faces With No Traces"

Recensioni: Ted Poley

"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

Recensione: Showdown Boulevard "Showdown Boulevard"

Showdown Boulevard "Showdown Boulevard"

(autorprodotto)

Voto: Alto, molto alto!


Per Chi Ascolta: Rock americano, Blues, Country, Sleaze, Dogs D’Amour, Hanoi Rocks...

Inizio ad ascoltare questo disco e mi vien quasi voglia di ballare…non lo faccio, ma il groove è assolutamente trascinante. Il sound non ha nulla di italiano, anche se i tre protagonisti di questo disco sono italianissimi, e non per nulla qualcuno di loro ha già iniziato a migrare verso la gloria delle stelle e delle strisce. L’apripista “Dawn On Showdown Blvd” seduce sorniona con la voce roca di Stevie Anders e le chitarre blues e country di Manguss, poi con la successiva “Ice Man” penso al mio adorato Tyla e ai Dogs D’Amour degli anni d’oro, magari meno Sleaze ma altrettanto accattivante. Vado avanti, e con “Motherfucker Like You” mi viene in mente una versione più virile degli L.A. Guns (quando ancora erano tutti interi), fatta eccezione per le chitarre che si impongono senza sgomitare, che il buon Tracii Guns se le sognava… Geniale l’inserto melodico nella grezza “Show No Mercy” che si concede anche un bell’assolone con tante note veloci e cattive; poi irrompe l’attesa power-ballad “So Bad”, che segue il copione chitarre acustiche-voce triste-ritornello spacca cuore senza però scadere nel melenso, che non è poco, e non posso non pensare ai Quireboys… Si ritorna a rockeggiare con “Life Is A State Of Mind”, si tira il fiato col mezzo tempo “Hand On The World”, e ci si diverte con la graffiante “Mary Jane”, e se si sperava in un’altra ballad con “It Will Be Fine” ci si ritrova al cospetto di un pezzo blueseggiante con tanto di vocalizzi alcolici. E se “Learn To Fight” torna bella sleaze e divertente, “Who Dares Wins” viene introdotta da chitarre funeree per poi scivolare nel Rock’n’Roll quasi a sbeffeggiare chi era pronto a versare una lacrimuccia e invece deve scuotersi, e non importa che qualche secondo qua e là dia un po’ di tregua. A concludere il tutto la cinematografica “Last Night In Paris”, con le sue sorprendenti digressioni strumentali, pronta a essere inclusa in una soundtrack. Trovo i suoni perfetti, rotondi ma anche cristallini, i volumi equamente ripartiti tra chitarra e voce che si contendono lo scettro di attrice protagonista, la produzione adatta a un mercato internazionale e – per fortuna – lontana anni luce dagli approssimativi e maldestri tentativi di tanti personaggi nostrani; sento poco il basso di Andy Pontremoli (ed è un gran peccato), e la batteria quasi la toglierei di mezzo, ma la qualità del song-writing, la varietà di stili padroneggiati come nulla fosse e la maturità artistica di Manguss e di Anders bastano a dare la carta verde agli Showdown Boulevard, che vorrei davvero vedere calcare palchi internazionali. Il paragone con i sopraccitati gruppi non tragga in inganno: gli Showdown non imitano nessuno, semmai fanno risplendere di luce riflessa vecchie glorie mentre conquistano lo spazio che meritano. Ora, mentre alcune etichette glorificano gruppetti da quattro soldi, avverrà il miracolo che faccia sì che questo disco finisca in mano a qualcuno che sappia fargli vendere tante, ma tante copie? Io lo spero…


 

Momento D'Estasi: tanti, da ricercare in dodici brani uno diverso dall’altro.

Colpo di Sonno: forse l’ha avuto chi ha ignobilmente dimenticato di alzare il volume del basso!