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Live Report: SPECIALE SWEDEN ROCK FESTIVAL 2013

 

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Anche quest'anno, per l'ottava volta consecutiva (!!!!), la truppa di Flashforward si è recata a quello che oramai è considerato IL FESTIVAL: lo Sweden Rock Festival, che come e forse più di ogni altra edizione precedente, ha regalato una quattro giorni intensissima e piena di motivi d'interesse che vi riporteremo in questo nostro resoconto.

 

IL VIAGGIO

I preparativi erano iniziati, come al solito, molti mesi prima della data della partenza, tra prenotazioni di voli, camere e noleggi furgoni, vari, mentre gli annunci dell'organizzazione che nei mesi andavano a comporre un bill qualitativamente notevole, (superiore sicuramente a quello degli ultimi anni), non facevano che aumentare l'entusiasmo della truppa. Su tutti, la calata dei Rush, per uno show esclusivo atteso da decine d'anni in Europa, la "chicca" Kiss, vera e propria istituzione in Svezia, secondi solo agli Abba, (che giocano chiaramente in casa) e agli Europe (che qui festeggiavano il trentennale della loro carriera), oltre all'innumerevole quantità (e qualità!) di band più o meno note ai più. Il ritrovo a Norje è fissato già per il Martedì sera, tra la piccola delegazione proveniente dalla lontana Stoccolma, reduce dalla "puntata" al Muskelrock e la truppa degli "Animals" di Reggio Emilia. La prima serata scorre via molto tranquilla, anche perché rispetto agli scorsi anni, l'organizzazione ha deciso di non organizzare nulla nella zona del ristorante, così molti si sono rinchiusi in campeggio per le prime festicciole all'aperto e le prime casse di birre. Solo con l'aggregarsi del giorno dopo, della "TriesteMetallica", la truppa di Flash si poteva definire numerosa e ben agguerrita pure quest'anno!

 

IL FESTIVAL

Impossibile non cominciare con la migliore nota positiva dell'edizione 2013: il ritorno del bel tempo! Un clima così non lo ricordavamo nemmeno in Italia! Quattro-giorni-quattro di sole e di caldo (ma come usuale, ventilato), che hanno allietato la nostra permanenza nel giardino delle meraviglie di Norje. A questa nota, dobbiamo aggiungere alcune modifiche apportate all'area del festival, alcune positive altre un po' meno: prima cosa lo spostamento dello Sweden Stage ha permesso di sfruttare meglio l'area della collina, con annesso nuovo bar, e di creare nuovamente un ingresso separato per VIP e stampa, consentendo di evitare estenuanti file, e controlli da aeroporto. Il resto è pressoché immutato, con qualche nuovo banco di cibarie e forse ancora qualche bagno in più. Nota meno positiva il nuovo parcheggio staff, spostato dalla comoda posizione appena oltre la strada principale, dove sono stati ricavati parcheggi a pagamento, in favore di una nuova area dove gli anni scorsi si trovava il VIP camping, che però alla lunga si è rivelata troppo piccola e scomoda. Ma confidiamo nel fatto che l'anno prossimo anche questa cosa verrà rivista. E' stata aggiunta una nuova piccola area esterna con banco informazioni e con grande desk per gli accrediti, dove comunque si sono formate lunghissime inevitabili code, e un altro sportello informazioni presente anche all'interno. Confermata la posizione del VIP bar in zona vicino al Festival Stage, ma con accesso dall'area del festival: quest'anno comunque, grazie anche al tempo favorevole, molto più frequentato e vivo rispetto agli anni scorsi, fino a notte fonda, quando la solerte vigilanza invitava i presenti a sgomberare. Unica grande nota negativa la poca comunicazione seguita all'annullamento del concerto dei Witchcraft, con spostamento del set degli Hardline su di un altro palco e anticipato di mezz'ora: lo abbiamo scoperto solo all'ora precedentemente prevista! Come buona abitudine per il pubblico è stata predisposta una lunga serie di signing session, sia all'interno di stand, che al banco ufficiale, anche quest'anno all'interno dell'area e non fuori come capitava in edizioni passate. Un'organizzazione come sempre quasi perfetta, che ci ha permesso di godere appieno una quattro giorni come il solito di grandissima musica e festa!

 

MERCOLEDI' 5 GIUGNO: SI PARTE LENTAMENTE… MA NON TROPPO!

 

Entriamo nell'area del festival quando la prima band del giorno (THE LAST BAND, non proprio il nome adatto a un opener…) ha già praticamente finito di suonare. Sono i vincitori del premio "Live & Unsigned" che è stato assegnato il 21 Dicembre (giorno scelto in risposta ai Maya e alla loro teoria della fine del mondo…) seguiamo per pochissimo la loro esibizione prima di approssimarci allo Sweden Stage, dove sta per cominciare STACIE COLLINS. La prima sorpresa è nel trovare Pontus Snibb, cantante dei Bonafide, alla batteria: come già successo qualche anno fa con Jason & The Scorchers, e chiaramente più volte con i suoi Bonafide, Pontus è tornato allo Sweden come quasi ogni anno, questa volta dietro le pelli e non con la solita, fida chitarra. Ma anche il buon Conny Bloom (leader degli Electric Boys e già negli Hanoi Rocks) è presente con la fida chitarra a completare una formazione più "svedese" del previsto. Ma parliamo di lei, Stacie Collins, che ha già pubblicato un paio di album, fra cui l'ultimo e un poco più conosciuto "Sometimes Ya Gotta", di ben tre anni orsono, e stabilisce immediatamente un buon feeling con i presenti, già in discreto numero. Il suo stile, in bilico fra blues e un'anima più southern, fa agilmente breccia fra i presenti, per uno dei pochissimi passaggi fra queste sonorità in questa edizione. La voce roca e la buona presenza sul palco della cantante americana che usa per quasi tutta la durata anche la fida armonica, unita ad alcuni buoni pezzi, fra cui l'ottima "Baby Sister", fanno sì che lo show, comunque molto breve e veloce, non passi inosservato, ma da qui a dire che abbiamo una nuova regina del rock americano…

 

Concittadini dei ben più conosciuti Bullet (di quella quasi impronunciabile cittadina non molto distante dallo SRF: Växjö), con cui hanno diviso anche il release party dell'ultimo loro, scoppiettante, lavoro "Bombs Away", i THE SCAMS irrompono nel sonnolento inizio di festival facendo salire in un attimo il livello di carica dei presenti, con il loro rock'n'roll dai suoni molto seventies e qualche vago riferimento agli AC/DC, ma non solo. Il quartetto svedese, pur non avendo la stessa verve sul palco dei propri vicini di casa che suoneranno sullo stesso palco più tardi, sfodera una buona prestazione, ciò che serve per lanciare a dovere la giornata: il pubblico è discretamente numeroso, giocheranno anche in casa, ma vista l'ora è in buon numero. Se le ultime cose (fra tutte la title track dell'album e le varie "Pour Me One More" o "Thrill Is On") la fanno da padrona nella setlist, è la finale "Fuck Like A Priest" (premio della Giuria come miglior titolo in assoluto…) a rimanere in testa anche a concerto finito.

 

Scena alquanto inedita quando arrivano i THE BLACK DAY (pensavamo d'aver visto tutto qui in Svezia…) con lo Sweden Stage preso d'assalto da un nugolo di minorenni, (il programma ufficiale ci informa che dovrebbero avere un'età non superiore ai 9 anni…!?!?!). Tre coriste che sembrano uscite dal film "School of Rock" se non fossero così piccole, tutte rigorosamente bionde e dalle fisionomie marcatamente scandinave. Accompagnate da altrettanti maschietti che fungono da strumentisti: un chitarrista parecchio emozionato, un bassista che facciamo difficoltà a scorgere in un angolino del palco, e un talentuoso batterista (il migliore!) che sebbene sia completamente celato dai piatti del drumkit, pesta come un matto, riuscendo a mantenere la baracca abbastanza a ritmo. Tutti ovviamente indossano le cuffie antirumore d'ordinanza. Gira tra il pubblico un nuovissimo servizio d'ordine molto particolare "i Ljudvärd" dedicato esclusivamente ai minorenni che qui son obbligati a indossare le cuffie antirumore. Il loro compito è in sostanza quello di vigilare e di consegnare a chi non le avesse (ma chi???...siamo in Svezia!) le cuffie. Ovviamente in via gratuita (siamo in Svezia...part II). Sul palco succede un po' di tutto tra una canzone dei Blur ("Song 2") ed il loro personalissimo tributo a "Heaven's On Fire" dei Kiss (...qualcosa ci dice, sin da subito, che questo sarà il Festival del combo statunitense?!?!!). La piccola band appare parecchio impacciata e sicuramente emozionata, davanti ad una divertita folla oceanica. La chitarra si perde spesso, le coriste si fermano e s'interrogano sul da farsi, lo show risulta un po' caotico (a parte l'impeccabile drummer). Piccoli Rockers crescono.

 

Dopo questo divertente siparietto, anche se con un inedito ritardo sulla tabella di marcia (seppur minimo, circa 15-20 minuti) il Festival si fa più serio quando scendono, sul medesimo palcoscenico, i THRESHOLD.  Gli UK melodic progsters forti del recente ritorno del loro figliol prodigo, il mitico vocalist Damian Wilson, e di un conseguente ritorno discografico (cosa che non avveniva dal lontano 1997 con Damian!) ci presentano il fantastico album "March Of Progress" una delle migliori produzioni discografiche dell'anno scorso! E lo fanno con il masterpiece "Ashes" il singolo che aveva preceduto l'uscita dell'album, e le lunghissime "Don't Look Doown" e "The Rubicon". Anche se l'apice del set si raggiunge con la meravigliosa "Pilot in the Sky of Dreams" forse la canzone più "Queenish" dei Threshold, dai coretti (a quattro voci!) perfetti ed irresistibili che qui dal vivo ha una resa ancor più perfetta! E pensare che l'iniziale "Mission Profile" è stata infelicemente penalizzata da molteplici problemi di suono (altra inedita novità nell'impeccabile organizzazione dello Sweden!!). Il microfono non si sente, le chitarre sono inesistenti, (che abbiano impiegato lo stesso settaggio dei suoni dei bambinoni di nove anni??) per cui, dopo un paio d'inutili tentativi, si è costretti ad interrompere l'esecuzione e ricominciare tutto da capo. Coloro i quali pensano che i batteristi di colore siano più adatti a sonorità care in Louisiana o in Georgia dovrebbero gustarsi le prestazioni di Johanne James: de-va-stan-te! Anche se il vero protagonista è il vocalist, che ritroviamo qui in splendida forma, fisico asciutto, tirato a lucido, scattante e saltellante, con i capelli lunghissimi, ma soprattutto in forma vocale eccezionale. Entusiasma soprattutto quando abbandona lo stage, in più di qualche occasione, per cantare in mezzo all'affollata collinetta e per abbracciare uno per uno i divertiti presenti. Abbiamo avuto pure il piacere di conoscerlo in serata nel backstage bar e possiamo confermarvi la genuinità di una gran persona: Many Congratulations Lord Wilson!

 

Lo Sweden Rock negli ultimi anni ha sempre dato un certo spazio anche a band meno "rock", accontentando così un certo pubblico più "estremo", ma fa sempre un certo effetto vedere nomi come quello dei polacchi VADER, accostati ad altri ben meno "aggressivi". La collina del 4Sounds è comunque degnamente gremita per lo show dei death metallers arrivati al loro trentesimo anno di attività e che sicuramente offrono uno show senza sorprese ma di grandissimo impatto sui presenti, con il loro death tecnico e sparato abilmente dai nostri guidati dalla voce potente e personale di Piotr "Peter" Wiwczarek. Non mancano di rendere omaggio il da poco scomparso Jeff Hannemann, chiudendo con una cover degli Slayer, "Hell Awaits". Macchine da guerra.

 

Purtroppo a causa del citato ritardo accumulato presso lo Sweden Stage, arriviamo tardi all'esibizione di una band che nel nostro personalissimo tabellino avevamo etichettato come "Molto interessante / da seguire a tutti i costi", i SISTER SIN. Ma la risalita del fiume di gente che si riversa copiosa verso il piccolo Rockklassiker è più ardua di quel che pensavamo, l'area antistante al piccolo palco è letteralmente presa d'assalto, e fatichiamo terribilmente ad arrivare alle prime file (ve lo ricordate no?? qui si arriva in prima fila praticamente a tutti i concerti!). Un dubbio sorge spontaneo: che gli organizzatori abbiano sottovalutato il seguito di una delle band più emergenti di questi ultimi tempi?? Anche perché era facilmente immaginabile che i thrasher polacchi Vader che si esibiscono in concomitanza, non potessero rappresentare una valida alternativa... (è alquanto paradossale: abbiamo iniziato con 3-4 critiche per quello che sarà il nostro MIGLIOR Sweden festival DI SEMPRE!!! ndr)  Dopo aver rischiato di perderci il loro fantastico cavallo di battaglia "The Fight Song" (ma come si fa a eseguirlo per secondo, e non tra i bis?), ci godiamo un'oretta del loro piacevolissimo mix di sonorità sleaze, street e hard rock classico che inizia saccheggiando la loro ultima fatica discografica "Now and Forever" impreziosendo il set con due versioni incendiarie di "24/7" (Udo) e "Rock'n'Roll" (Motorhead). La vocalist Liv Jagrell è, come sempre, scatenata, fisicamente appariscente, look da "porno-rocker", calze a rete strappate, corpetto di pelle nera, fisicone, ma sembianze che son un incrocio tra un Blackie Lawless al femminile e lo sguardo alienato di Marylin Manson. La versione incazzata di Doro Pesch dimostra una gran presenza scenica, le movenze e le mosse sul palco ricordano molto quelle di Sebastian Bach. Il batterista Dave picchia talmente forte che costringe i roadies a sistemargli più volte i piatti ed il drum-kit, gli assoli del talentuoso chitarrista Jimmy Hitula sempre molto piacevoli. Il quartetto di Goteborg abbina qualità alla quantità e supera a pieni voti "l'esame live" in una grossa manifestazione come questa. Una band da tenere sicuramente d'occhio nel prossimo futuro!

Gli SWEET li avevamo già gustati alla nostra prima partecipazione allo Sweden, qualcosa come sette anni fa, ma, a ben ricordare, non se li erano filati in tanti in quell'occasione. Tutt'altra la scena che si presenta ai nostri occhi con la collinetta bella piena zeppa di gente, sotto un caldo sole "estivo". Anche se gli Sweet non hanno più materiale nuovo da proporre da quasi un trentennio le loro immortali "rock hit" che negli anni '70 sbancavano le classifiche di mezza Europa: "Wig Wam Bam", "Blockbuster", "Hell Raiser", "The Ballroom Blitz" son qui cantante a squarciagola dall'esperta audience scandinava. Anche "Action" più recentemente coverizzata dai Def Leppard ha gran presa sui presenti e risulta ancora più piacevole da ascoltare in sede Live. Anche perché Andy Scott, l'unico superstite dalla loro line-up iniziale, è una furia sul palco (finirà addirittura per strappare le corde della sua chitarra), nonostante tra un paio di settimane festeggerà il suo 64° compleanno… al termine di un'oretta abbondante di puro divertimento tra i ben noti classici della storica band inglese ed i numerosi "sing along" del numeroso ed esaltato pubblico ci assale un dubbio (…altra polemica contro il Festival!?!?): ma perché non sono stati scelti quali headliners del primo giorno, al posto degli impalpabili Candlemass??

Tocca ora ai BULLET: definiti quali la "Sweden's hottest rock'n'rollers band", son ben conosciuti, anche perché oramai son presenti in TUTTI i festival scandinavi e non solo dell'ultimo decennio. Immaginarsi qui tra il pubblico di casa, che li considera uno degli eredi dei mitici AC/DC (soprattutto dopo aver aperto per i loro concerti qui in Svezia), con la loro energia, i loro riffoni sparati a mille, le coreografie e le "mosse" sul palco ben studiate a tavolino e la grande presenza scenica del leader Hell Hofer conquistano velocemente il pubblico presente. Il set si presenta ancora più incendiario del solito, in quanto, nel piccolo 4Sound Stage fuochi d'artificio e pyros si sprecano praticamente ad ogni canzone. I raccomandati di ferro (già due volte qui allo Sweden in precedenza: 2006 e 2009) dimostrano di esser molto abili nel coinvolgere la divertita (e folta) platea, ottenendo l'ovvia esaltazione collettiva con il loro cavallo di battaglia finale: "Bite The Bullet". Oggi più che qualche giorno fa a casa loro al Muskelrock, la band appare concentrata e unita, con il nuovo chitarrista, Alexander Lyrbo sempre più presente sul palco. Energia a palate in vista del gran finale di giornata.

In contemporaneità con i connazionali Bullet, sull'altro palco minore si esibisce un'altra band di casa. Cinque diversi musicisti, di diversa età e dalle influenze e dagli stili apparentemente diversi si son riuniti da un paio di anni, in un unico combo che ha per monicker il soprannome del loro bassista (Morgan "MÅRRAN" Korsmoe). Nonostante siano in attività da pochi anni son parecchio particolari, non solo perché l'anno scorso han pubblicato ben due album d'esordio, ma anche perché i loro testi son cantati esclusivamente in lingua madre. Ad accompagnare il succitato bassista, Max Lorentz (tastierista già in altri side-projects svedesi), Björn Inge (già batterista dei November) e soprattutto (il motivo principale che ha sollecitato la nostra curiosità): sua maestà Göran Edman (John Norum, Yngwie Malmsteen, ecc…). Inutili tutti i nostri sforzi, non riusciamo a capirci un accidenti né dei dialoghi né dei testi delle loro canzoni comunque molto orecchiabili nonostante siano cantate tutte in svedese ("Gånglåt från Zinken"?!?). Il loro melodicissimo e classico hard rock blueseggiante e dalle forti influenze 70's, risulta alla fine molto rilassante e piacevole alle nostre orecchie e a quelle di un divertito pubblico. Rock on!

E' ora il momento di spostarsi sotto allo Sweden Stage, dove sta per cominciare lo show degli headliner di questa prima mezza giornata: tocca agli idoli svedesi CANDLEMASS provare a tenere alta l'attenzione quando le tenebre sono già abbondantemente scese e la stanchezza comincia ad affiorare. La collina è comunque abbastanza folta quando intorno a mezzanotte i doomster svedesi cominciano il loro set. Alla voce troviamo oggi Mats Leven, impegnato in tantissime band in passato, fra cui avevamo sicuramente apprezzato, qui allo Sweden Rock, la parentesi Krux, anche allora in coppia con il leader dei Candlemass, Leif Edling. L'ultimo lavoro in studio, annunciato come l'ultimissimo della band, che però non si scioglie al momento per l'attività live, "Psalms for the Dead" era stato registrato con il precedente singer, Robert Lowe, e il confronto con l'ancora precedente Messiah Marcolin è difficile, anche per lo stile abbastanza diverso di Leven. Sicuramente dobbiamo dire che il nuovo frontman ha dato dinamismo allo show dei Candlemass, con un tocco meno teatrale se vogliamo ma comunque di un certo impatto, chiaramente se non ci trovassimo di fronte ad una band in scioglimento, penseremmo a un nuovo corso, ma... anche la presenza di un tastierista (Per Wiberg, già visto con gli Opeth e Spiritual Beggars) è sicuramente un elemento importante dello show, soprattutto sui pezzi dall'ultimo album. Il set scorre comunque via senza grandi sorprese, fra nuovi e più classici passaggi, con le immancabili pietre miliari "Under the Oak", "Bewitched" o "At the Gallows End" mischiate alle più recenti "Prophet", "Waterwitch" o "Psalms for the Dead". Quando le luci si spengono dopo "Solitude", l'impressione è quella di uno show durato troppo poco, soprattutto se questa dovesse essere veramente l'ultima volta, ma alla fine siamo comunque soddisfatti.

Bene la prima mezza giornata d'apertura è stata parecchio impegnata ed impegnativa, dovremo cercare di dosare le forze (è appena mercoledì perdio!!) ma farlo con una temperatura molto accettabile ed uno splendido sole in un cielo azzurrissimo che da mesi non abbiamo goduto neppure in Italia rende certamente il compito più agevole. Solo in serata la temperatura si abbassa pericolosamente attorno agli 8° e consiglia qualcuno ad andarsene ben prima della fine dei Candlemass. Intanto oggi abbiamo avuto anche più di quello che ci potevamo augurare, sia dal punto di vista artistico sia da quello meteorologico, non c'è dubbio: lo Sweden ci ha regalato il suo miglior välkommen!!! (1/4 continua...)

 


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