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Recensione: Diaries Of A Hero “Behind The Mask”

Diaries Of A Hero “Behind The Mask”

(Red Pony Records)


Per Chi Ascolta: rock/prog/metal/alternative

Che il panorama musicale sia ormai saturo non è una novità. E non è una novità che le nuove proposte in grado di destare interesse siano poche, se non quasi inesistenti; infatti fioccano re-union di vecchie cariatidi imbolsite e album che si dimenticano dopo cinque minuti. Quindi gloria alle band giovani che hanno qualcosa da dire, come i Diaries Of A Hero, band cosmopolita composta da due italiani, un gallese e un croato, nata al London Centre Of Contemporary Music, e in procinto di partire per un tour europeo con Motorhead e Anthrax, scelti da Lemmy in persona. Definirei questa release coraggiosa. I DOAH mettono insieme una serie di stili che vanno dal rock al metal al prog all’alternative evitando di seguire strade già troppo percorse o regole anacronistiche, con un tocco ottantiano che pervade, in particolar modo, le chitarre. È incredibile il senso di sicurezza che traspare da questi brani, un’impalpabile dichiarazione di intenti, come a dire “questi siamo noi, e tanto basti”. Da qui nasce una scelta dei ritmi che, pur abbondando in energia, non eccedono mai, il che spiega anche la geniale scelta dei volumi che accostano perfettamente voce e riff di chitarra, in duelli che si svolgono lungo tutta la durata del disco, quasi due strade parallele che rischiano di collidere ma non lo fanno mai davvero. L’atmosfera cruda delle melodie è sorretta dal notevole drumming dell’ottimo Leonard Berisha che sorregge senza sforzo cambi di tempo millimetrici ed epifanie repentine, senza mai rinunciare a rendersi accessibili a diversi tipi di ascoltatori; se le chitarre sono taglienti e ruggenti, il basso scorre come sangue denso in perfetta simbiosi con la batteria, e le linee vocali scartano soluzioni troppo tradizionali e scelgono strade personali che ben si adattano alla libertà del tessuto musicale. “Emotions” riassume bene questa filosofia: cambi continui di direzione che si amalgamano in una continuità coerente e compatta, mentre le chitarre tessono trame intricate e ogni tanto sparano letali combinazioni di poche note assemblate in modo da andare dritto al cervello di chi ascolta, e intanto qualche immersione nell’estremo flirta con la melodia mentre il cantante si arrabbia e il basso ruggisce. Se anche basterebbe questo brano a giustificare acquisto ed entusiasmo, è doveroso citare almeno il primo singolo “Shine Upon The Sun”, perfetto per abbattere i muri spessi del mercato, veloce, poderoso, melodioso nel ritornello e generoso di cori; citiamo ancora il mezzo-tempo velatamente malinconico “Scars Of Addiction” e la cupa e solenne, quasi minacciosa, “My Own Tragedy”, ma ogni traccia ha personalità da vendere e merita più ascolti. Bravi. Anzi, bravissimi. Si sente che sotto la squisita tecnica dei quattro musicisti c’è passione che brucia, ma anche l’impegno di chi non lascia nulla al caso e onora la musica con eoni di duro studio e non si accontenta di improvvisarsi musicista. Fortunato chi li vedrà in tour con Motorhead e Anthrax; tutti gli altri si accontentino dell’album, ma se non lo lascino scappare!


 

Momento D'Estasi: “Emotions”, inarrestabile

Pelo Nell'Uovo: meriterebbero una promozione molto più pressante…