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Live Report: SPECIALE SWEDEN ROCK FESTIVAL 2013

 

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SABATO 8 GIUGNO, IL GRANDE GIORNO DEI RUSH... MA NON SOLO!

Siamo arrivati all'ultima giornata di festival, dopo l'abbuffata di ieri, oggi sembra che tutto sia indirizzato al momento più atteso senza grandi scossoni, lo show dei Rush che si terrà, primo caso di headliner, in primissima serata, ovvero le nove e mezzo, e, altro caso unico, la quasi assenza di set sul main stage (escluso quello acustico dei Quireboys) per preparare al meglio quello del trio canadese. Ma ci sono comunque tanti piccoli momenti d'interesse, alcuni inaspettati, altri facili da prevedere. Siamo nell'area abbastanza agevolmente intorno a mezzogiorno, tempo di addentrarci ed è già ora di buttarci sotto a un palco, con il sole che fa capolino.

 

E' l'ultima mattina di festival e incominciamo sicuramente bene, con un nome leggendario della scena della NWOBHM: i SATAN. Hanno dato alle stampe da pochissimo un nuovo album, "Life Sentence" e la formazione comprende Brian Ross alla voce (recentemente nei Blitzkrieg), Steve Ramsey e Greeme English (chitarra e basso già visti negli Skyclad). Il ritorno, avvenuto solo due anni orsono, non pare campato in aria se questo set, in questo mezzogiorno di fuoco -non solo climaticamente parlando- è ben supportato dai presenti e se la reunion appare credibile anche dal vivo. I pezzi nuovi, abbastanza ispirati, ben s'incastrano nella loro setlist che comunque privilegia il passato con il gran finale su "Alone in the Dock".

 

Ogni anno lo Sweden Rock regala chicche che solo in questo festival, o forse solo in Svezia possono arrivare… lo show a sorpresa di quest'anno è quello dell'australiano JON ENGLISH, di certo non una sorpresa da queste parti, famoso più che altro per la sua partecipazione a una mini serie-TV nei primi ottanta, e oggi accompagnato da una band locale, gli Spearfish, e con tanto di logo con bandiera svedese a forma di Australia. Però per noi un perfetto sconosciuto! Il pubblico lo accoglie più che calorosamente e il rock vibrante offerto è divertente, unito a un certo carisma sprigionato dal frontman, in scaletta troveremo ben presto anche "Turn The Page", cover di Bob Seger. I locali, soprattutto i più attempati, seguono con partecipazione questo personaggio che dimostra buone dota da intrattenitore sul palco.

 

E' ora il momento, sul piccolo Rockklassiker di presentarci un'all star band (ROCKKLASSIKER ALL-STARS) che è nata per l'occasione intorno ad alcuni personaggi di questa emittente radiofonica rock svedese: Ian Haugland, il batterista degli Europe, il dj Cloffe e il reporter Heavy. Gli altri ospiti illustri sono Mic Michaeli (Europe), Joachim Cans e Pontus Norgren degli Hammerfall. Nonostante sia infarcita di personaggi ultra-noti, soprattutto ai fans locali, alla fin fine si tratta pure di una semplice cover band, ma sotto il piccolissimo palco minore, troviamo ancora una volta, una di quelle folle impenetrabili. La voglia di divertirsi ai ritmi Rock qui non conosce mai la parola "fine". Una piacevole oretta a ballare ai ritmi delle versioni delle conosciutissime "Poison", "Thunderstruck", "Holy Diver" , "We Are Not Gonna Take It" e infine "Highway To Hell". In definitiva un concerto eseguito da un dream team, in un clima da motoraduno ma con un pubblico da Sweden Rock!!!

 

Mentre sul Rock Stage i THE LEVELLERS creano un grande party rock'n'roll, tocca ora ai TANKARD mettere a fuoco e fiamme il piccolo 4Sounds con il loro grandioso party a ritmo di metallo pesante. I leggendari beer thrash metallers tedeschi, in giro da oramai più di trent'anni, appaiono molto in forma oggi e in pochi attimi si forma un certo moshpit sotto la collina, come sempre un po' inusuale da queste parti, ma... come frenare il pubblico in queste occasioni? Gerre è una molla che scatta da una parte all'altra del palco veloce come le stilettate del loro divertente thrash metal, dalle prime note di "Time Warp", passando per "The Morning After", " Not One Day Dead", "Die with a Beer in Your Hand" e giù via fino a "A Girl Called Cerveza" e la mitica "(Empty) Tankard" in un tripudio di pubblico, non numerosissimo ma partecipe lungo tutta l'ora scarsa a disposizione.

 

Quest'oggi il main stage è a uso quasi esclusivo dei Rush e di tutto l'armamentario che si porteranno fin in Scandinavia. Ma alla fine, un piccolo slot è stato ricavato e per un "anomalo" set acustico... ci sono, infatti, i QUIREBOYS che hanno voluto riservarci qualcosa di diverso dal solito. Gli inglesi sono stati chiamati più volte qui al Festival. A differenza di tre anni orsono, quando avevano calcato la più intima ex-Gibson tent (che ancora rimpiangiamo....), la loro esibizione acustica sul mastodontico Festival Stage pareva perlomeno azzardata. E invece, seppur di fronte ad un pubblico molto sgranato, Spike e compagni ci regalano una delle esibizioni migliori di tutto il pomeriggio e lo fanno senza l'uso di alcuna chitarrona elettrica! Tre quarti d'ora di puro godimento sotto il solleone, magari con una birretta in mano, in compagnia di un migliaio di svedesi danzanti, a cantare a squarciagola i classici della band inglese, un po' lontana da noi stavolta (maledette transenne!!!), ma sempre "vicina" e abile a distribuire calore e a regalar sudore ai soddisfatti presenti. L'arena si trasforma così, in un attimo, in un grande rock party con momenti clou sulle grandiose versioni di "Mona Lisa Smiled", "Roses and Rings", "Misled", "I Don't Love You Anymore" e "Sex Party". Anche se un po' in anticipo rispetto all'orario, ci si scatena tutti al ritmo di "7 O'Clock". Nonostante Spike abbia qualche problema di deambulazione (si presenta sul palco zoppicante e con un bastone che ne accentua il look da Lord Inglese) è un sorriso continuo e facciamo fatica a capire se è più avanti lui con le birre o tutta la gente che qui si scatena, balla e canta durante tutto il loro set. Un'inaspettata boccata d'aria fresca!

 

Ancora un flashback a quando alcuni anni fa sempre sul Rock Stage avevamo visto i KREATOR in un epico set sotto il sole caldo, proprio come oggi: come sempre è un po' strano vedere band del genere e il pubblico non formare così facilmente un moshpit, ma si sa le regole vengono solo raramente disattese. I tedeschi sfoderano la loro solita abilità nel distillare thrash di ottima qualità, pur se oggi dobbiamo dire, rispetto a qualche anno fa, Mille Petrozza, leader della band e come al solito comunque buon frontman, appare forse un po' più freddo, ma comunque lo ritroveremo presto a incitare i presenti. Per il resto non ci sono grandi sorprese, grande spazio per le ultime cose, soprattutto il recente "Phantom Antichrist", la cui title track apre le danze. "Endless Pain" dà il via comunque a un grande moshpit incitato dal palco, e così ogni cosa torna in ordine, così possiamo concederci anche le eterne "Pleasure to Kill" e "Flag Of Hate". I Re incontrastati del thrash tedesco hanno ora messo a ferro e fuoco l'arena, preparandola a dovere per i Re del metal tedesco, gli Accept, che arriveranno fra non molto, e a tenere alta la bandiera teutonica che già avevano issato i Re del beer metal, leggi Tankard, poco prima.

 

I CIVIL WAR sono una sorta di nuova svedese, nata dopo la separazione dai Sabaton lo scorso anno, dei chitarristi Oskar Montelius e Rikard Sundén, del batterista Daniel Mulback e del tastierista Daniel Myhrcon. I nostri non si sono persi d'animo, e in un anno sono arrivati a produrre un nuovo disco, "The Killer Angels", trovato un cantante abbastanza conosciuto, Nils Patrik Johansson (già visto con Astral Doors e Lion's Share) e un bassista, Stefan Eriksson (ex-Cryonic Temple). Il tutto si traduce in un set abbastanza interessante, non molto lontano da quello dei Sabato, seppur senza il frontman tanto amato dai fans. Ma il tantissimo pubblico giunto ad affollare la collina del piccolo 4Sounds –secondo solo a quello degli Amaranthe- sembra decretare il successo dell'evento. La voce graffiante di Johansson incontra un sound che scivola via verso un power dalle tinte a tratti epiche e comunque con ampio uso di tastiere, ben eseguite e un set abbastanza energico e pieno di giuste armonie, come sulle riuscite "Rome Is Falling" e la pretenziosa "We Rule The Universe", dove il titolo dice tutto. Come prima volta dal vivo, almeno a un festival di queste dimensioni, qualcosa è ancora da sistemare, ma il potenziale, e l'esperienza ci sono e di sicuro ne sentiremo ancora parlare!

 

Relegati un po' sullo Sweden Stage, ecco gli ex-Thin Lizzy (passati già più volte negli ultimi anni da queste parti) con il nuovo monicker "BLACK STAR RIDERS". Autori di un "debut" album ben accolto dalla critica, solo un paio di anni fa erano qui sotto le precedenti insegne, rappresentate oggi dal solo Scott Gorham, ma a giudicare dalle presenze sotto al palco c'era grande attesa di vederli all'opera anche con questo nuovo corso. Si comincia con la title track del nuovo disco, "All Hell Breaks Loose" che in fondo poco sfigura al fianco delle successive "Jailbreak" e "Massacre" facendo presto capire a tutti i presenti che il cambio di nome è stata più una cosa dovuta che un vero cambio di rotta. Si prosegue con una piacevole alternanza tra i classici e i pezzi del nuovo disco. Buona la prestazione e il piglio del cantante Ricky Warwick che tiene per mano il pubblico e resto della compagnia per tutta la durata della loro esibizione.  Anche grazie alla premiata ditta Marco Mendoza / Scott Gorham, ben coadiuvati da Jimmy DeGrasso, (non certo un novellino...) le dolorose assenze di Darren Wharton e del dimissionario Brian Downey vengono ben assorbite dai tifosi dei Lizzy. Di certo con l'operazione e il taglio del vecchio monicker, gli irlandesi si sono un po' scrollati di dosso il peso di esibirsi usando un nome divino e il fatto di aver perso per strada per lungo tempo i suoi pezzi da novanta, rinfrescando un po' la propria immagine. Di sicuro non hanno perso per strada lo smalto e sono sempre una grande band che sul palco è capace ancora di regalare grandi emozioni. Quasi inutile rimarcare il fatto che i titoli di coda arrivino su "The Boys Are Back In Town", forse un po' scontata ma pur sempre piacevole sigla di chiusura dei set dei Thin Lizzy o Black Star Riders che dir si voglia.

 

A tratti a questo Sweden Rock si ha l'impressione di non saper che pesci pigliare, così ritagliarsi un po' di tempo per vedere gli HEATHEN, band storica e appartenente alla scena thrash originale della Bay Area, che purtroppo ha avuto però anche svariati cambi di line up alle spalle del chitarrista Lee Altus, fondatore della band, al cui fianco troviamo uno dei più duraturi, il singer David White. Pur relegati in questa intensa giornata al minuscolo Rockklassiker, sfoderano, pur di fronte ad un pubblico non foltissimo, una prestazione eccelsa ed energica che ci riporta più volte indietro nel tempo, con le varie "Open the Grave", "Mercy Is No Virtue" o la finale "Death By Hanging". Ritroviamo qui una band capace di una certa personalità pur in un genere ai tempi, da quelle parti, fin troppo inflazionato. Peccato per la poco calorosa accoglienza.

 

Il tempo stringe, ma poco prima del tanto atteso evento-Rush, è il turno degli ACCEPT. I tedeschi tornano a soli due anni dall'ultima occasione qui allo SRF, dove già avevano fugato ogni dubbio sulla loro tenuta live senza il colonnello Udo Dirkschneider al comando. Perciò stavolta si va a colpo sicuro, assieme ad un folto pubblico, ad accogliere di nuovo questi Accept guidati da un Mark Tornillo oramai padrone del campo, con un altro graditissimo nuovo album alle spalle, per una nuova irresistibile dimostrazione di superiorità teutonica. L'altro spettacolo de lo offre il co-regista, quel Wolf Hoffman sempre puntuale con la sua ascia (chitarra) a sfoderare virtuosismi e a caricare il pubblico se mai ce ne fosse bisogno. Ma è ancora una volta tutto l'insieme Accept a mettere a soqquadro i presenti. La macchina da guerra dei Panzer tedeschi appare anche in quest'occasione, in tutta la sua forza, pur in questa seconda giovinezza. Apparentemente indistruttibile, sia che si attacchi con qualche buon estratto dall'ultimo lavoro in studio ("Stalingrad"), fra cui l'iniziale "Hung, Drawn And Quartered" o dal meno recente "Blood of The Nations" tanto si sa dove finiremo tutti morti e stecchiti... Il finale, scontato, iperclassico, con la solita estasi metallica, e chissene se con i cori o gli assoli allungati all'infinito... con le varie "Fast As A Shark", "Metal Heart" e…ovviamente "Balls To The Wall" ci fanno tutti prigionieri! Ed ancora una volta lasciamo l'area di battaglia con le ossa rotte con un'unica domanda. "Il Colonnello chi!?????"

 

Dopo aver lasciato i Backyard Babies, Nicke Borg si è costruito una nuova carriera con i suoi NICKE BORG HOMELAND, dapprima come one man show, lui e la sua chitarra, già visto due anni orsono sempre allo Sweden Rock, quindi in un crescendo di notorietà (almeno in patria), seguito anche e soprattutto alla partecipazione alle qualificazioni svedesi per l'Eurovision Contest, ora è arrivato a un terzo album, registrato con una band vera e propria, che conta fra le sue fila il bassista Johan Blomquist che era con lui anche con i Backyard Babies e il chitarrista ex dei Bullet, Erik Almström (che oggi sfoggia una maglietta dei Venom sotto alla giacca…). Così c'era la curiosità di vedere questo nuovo quartetto all'opera, e le attese non sono deluse: certo lo stile è più poppy e rilassato rispetto al passato con i Babies, ma i tanti buoni pezzi usciti dal nuovissimo "Ruins Of A Riot", fra cui "Making Out ​​With Chaos" e il lentone "At The End Of The Rainbow", unito a qualche inevitabile puntata sui vecchi successi del passato ("Brand New Hate" e "Minus Celsius" su tutte) fanno del suo set qualcosa di godibile anche se in grande relax. Immancabile anche la hit "Leaving Home" che aveva marcato il primo picco della nuova carriera del cantante svedese, così come la cover di "Bad Luck" dei Social Distortion. Da queste parti sta scalando velocemente le classifiche, vedremo presto se rimarrà un fenomeno locale o è destinato a raggiungere vette ancor più alte che nella sua precedente fase della carriera.

 

L'anno scorso eravamo partiti da Norje ben consapevoli di quanto ci potevamo già pregustare nel 2013. Per la prima volta nella storia dello SRF, con assoluta (ma graditissima) sorpresa, gli organizzatori avevano pensato (bene!) di annunciare, con un annetto di anticipo, il primo nome di grido (anzi da urlo!!) dell'edizione successiva: i RUSH! Una delle più leggendarie band di sempre, capace di influenzare musicisti di mezzo pianeta, e dare linfa a un movimento che negli anni novanta fece scalpore (il prog dei vari Queensrÿche e Dream Theater, ma sembrerebbero aver influenzato pure i Metallica) tra i primi creatori di testi seriosi e impegnati tra digressioni filosofiche e letteratura. Possono vantare qualcosa come quaranta milioni di dischi venduti, eppure sono al debutto qui allo Sweden, e a proposito di Festival, la loro ultima apparizione a una kermesse europea risalirebbe qualcosa come trent'anni fa (Pinkpop 1979, chi c'era?!)... un evento nell'evento!? Il magnifico trio Geddy Lee (basso e cantante), Alex Lifeson (chitarra) e Neil Peart (batteria) riuscirà da solo a colmare l'imponente e infinito stage del Festival? Un aiutino l'avranno dalla più grande coreografia mai portata su questo palco e dai filmati (ovviamente "stravaganti") che scorrono sul megaschermo alle loro spalle...senza parlare della loro musica capace di catturare l'attenzione anche dei meno amanti del genere.  I Rush hanno il potere di stravolgere i convenevoli e la rigorosa scaletta voluta dall'organizzazione scandinava. Il loro palco è "vergine" (nessuno si è esibito in elettrico prima di loro se non la breve escursione acustica del pomeriggio), per la prima volta in assoluto gli headliners non chiuderanno l'intera manifestazione alle due della notte, giacché canadesi han scelto una più comoda posizione al tramonto, ore ventuno e trenta, che rende ancor più particolare la loro esibizione. Non ci sarà il pubblico dei Kiss e forse nemmeno quello degli Europe, ma questa è musica d'élite, anche se in certi "paesi civilizzati" è divenuta pure di massa... Lo spettacolo, anche quello prettamente visivo, è, come da attese, mastodontico! Schermi e luci partecipano anch'essi all'unisono a uno show audio-visivo che non lascia indifferente nessuno dei presenti. Saranno pure in tre, ma riempiono alla grande l'enorme scena. L'effetto generale è veramente notevole! Due ore abbondanti di pura goduria per gli amanti dei Rush, e non solo, sin dall'iniziale "Subdivisions" (1982 - Signals), "The Spirit Of The Radio", "XYZ" ma se continuiamo così dovremmo star qui a citare tutto il set... La voce di Geddy è pura goduria, andrebbe registrata e conservata nei musei, da brevettare come il rombo dei motori di Ferrari o Harley Davidson. C'è pure spazio per il loro ultimissimo (capo)lavoro "Clockwork Angels" con il singolo "Headlong Flight", seguito da uno straordinario assolo di batteria di Neil Peart. Mentre il finale è dedicato a quel "2112" (dal lontano 1976), divenuto nel tempo triplo disco di platino, e la mitica, indimenticabile "Tom Sawyer" perla degli encore di uno spettacolo che rimarrà per sempre nei nostri ricordi. Grazie Sweden Rock!!

 

Gli organizzatori hanno ben pensato di dare giustamente un'alternativa anche oggi allo show degli headliner, sarà che oggi più che mai il pubblico è abbastanza diviso: fra chi, giustamente, non può perdersi lo show dei Rush e chi… giustamente vorrebbe qualcosa di meno impegnativo e più spensieratamente rock'n'roll. E sono in tanti anche i rappresentanti di questa seconda specie se la collina dello Sweden è gremita come solo raramente lo è stata in questi giorni. Certo il nome è ancora altisonante, SKID ROW, però sono ben lontani i tempi d'oro della band americana. Ricordiamo anche uno show strepitoso, proprio qui diversi anni fa, per cui comunque le attese sono alte, anche se non hanno certo brillato nelle loro ultime uscite discografiche, dal vivo sono sempre un piacere da vedere. Oramai con gli anni consolidata la posizione del cantante Johnny Solinger, che non sarà chiaramente nemmeno lontanamente paragonabile al Seb Bach degli anni migliori, ma comunque fa la sua bella figura, e alle sue spalle i vari Dave "The Snake" Sabo e Scott Hill alle chitarre e Rachel Bolan al basso rappresentano una garanzia. E buona è comunque la verve generale, e dobbiamo dire che la band è in grande forma e sul palco c'è molta intesa e si vede, peccato solo che i presenti si scaldino veramente solo quando si scende sui classiconi, a partire dall'iniziale "Slave to the Grind", passando per "18 and Life", "I Remember You" e "Monkey Business", fino alla chiusura, sempre in voga di "Youth Gone Wild". Peccato che le due tracce estratte dall'ultimo EP, "Kings Of Demolition" and "Let's Go" non siano proprio all'altezza… peccato perché sul palco questa band ci sa fare eccome!

 

Tanto per non farci mancare nulla in questa "strana" serata, sul piccolo 4Sounds Stage, ecco i VOMITORY! I death metallers svedesi hanno annunciato il loro scioglimento dopo ben ventiquattro anni di onorato servizio e quindi questa dovrebbe essere una delle ultime occasioni per vederli all'opera. Il loro set è bello tirato com'era facile attendersi, una sequenza incalzante a piena velocità, suonate ad altissimo livello, di sicuro un successo per gli ultimi extreme metallers rimasti ancora nell'area per questo piccolo evento.

 

Se qualcuno non avesse ancora capito cos'è lo Sweden Rock Festival basterà forse questa semplice nota a margine. Non sono state sufficienti quattro giornate stellari di concerti clamorosi, non abbiamo goduto abbastanza con l'indimenticabile show dei Rush??? Eccoci sotto al Rock Stage per il gran finale... con gli AVANTASIA!! Il dream team voluto e creato da Tobias Sammet (il cantante degli Edguy), passato qualche mese fa in un trionfale tour anche da noi in Italia, e sin dal 2001 divenuta una delle maggiori attrazioni power metal di successo. L'Opera Metal itinerante è uno spettacolo, gioia e delizia per le orecchie, ma rappresenta soprattutto uno spettacolo imperdibile quando si esibisce dal vivo. Motivo più che valido per spingerci alla lotta per la conquista delle fila più vicine al palco, nonostante la notte sia avanzata, e molti avessero già la testa al rientro, ben sazi e paghi dei precedenti concerti, anche perché gli Avantasia qui allo Sweden si son già esibiti (la loro ultima apparizione risale a cinque anni fa). Anche quest'anno, gli ospiti invitati sul palco sono quanto di meglio sta offrendo il panorama metal internazionale. Ronnie Atkins dei Pretty Maids (grande protagonista su "Invoke the Machine"), Eric Martin (sublime prestazione su "Dying For An Angel"), l'intramontabile Bob Catley (grandioso su "The Story Ain't Over" e "The Great Mystery"), Michael Kiske (sua una grandissima "Reach Out For The Light") e Amanda Somerville (protagonista di un bel duetto con Kiske su "Farewell"). Aggiungiamoci Eric Singer e il grande "master of Puppets" quel Tobias Sammet capace di fare il regista, di cantare, di intrattenere il pubblico e di duettare divinamente con i suoi prestigiosi ospiti e protagonisti. Uno spettacolo infinito, allorché le due ore a disposizione risultano esser addirittura troppo poche, ma considerando che son le due della notte e la sicurezza è già pronta a sgombrare l'area del Festival, lo show deve finire! Giusto il tempo di gustarceli tutti assieme appassionatamente sul palco a cantare "Sign Of The Cross" e "The Seven Angels" nei titoli di coda di quest'opera rock di grandissimo spessore, in uno se non il migliore spettacolo di tutto il festival, e la degna chiusura di tutta la splendida, indimenticabile kermesse dello Sweden Rock!!

 

Se buona parte dei presenti se ne è andata dopo lo show dei Rush, molti altri affollano il Rock Stage dove ci sono gli Avantasia, c'è anche la buia collina dello Sweden Stage che si accende per un ultimo concerto, in un'ingrata posizione. Ma ci sono i PARADISE LOST e comunque un discreto numero di fans ad attendere il combo inglese. Che ha tante frecce al proprio arco e nell'ora abbondante a disposizione sciorina tanto materiale recente e soprattutto meno recente, dal doom iniziale, al gothic fino alla fase più sperimentale, e Nick Holmes e soci si trovano da una parte l'atmosfera ideale, oscura come la notte svedese, dall'altra un pubblico che man mano scema. Peccato perché la band dimostra buona forma, anche e soprattutto quando si passa a cose più recenti, che ci riportano alla mente la freschezza dei primi tempi. Sarà anche che vista la stanchezza, i presenti non sono certo facilitati da un set macchinoso e a tratti troppo lento per tenerli sull'attenti per tutta la durata, da quando si accendono le luci sulla storica "Widow" fino al gran finale lasciato alla recente "Faith Divides Us - Death Unites Us" e alla un po' meno "Say Just Words". Ma anche merito di una quasi totale assenza di entusiasmo sul palco.. Rimandati!

 

Abituati com'eravamo a finire sotto al Festival stage ci troviamo un po' disorientati. L'appuntamento è come sempre al bar del backstage per un ultimo fugace brindisi, i baci e gli abbracci con il resto della Comunity internazionale dello Sweden Rock (dal Brasile alla Spagna passando per la Svizzera ce n'è veramente di tutti i colori... altro che Nazioni Unite...) e quindi lasciare svogliatamente il campo mentre tutt'intorno già si smonta già con frenesia l'area, nonostante l'ora tarda e le scarse energie rimaste dopo l'orgia infinita di questi giorni. La stanchezza e una sorta d'amarezza per la fine della "vacanza metallica" più bella dell'anno prendono via via il sopravvento. Per cui decidiamo di sgomberare lentamente l'area con il pensiero già rivolto all'indomani quando si farà il mesto ritorno verso casa. Quattro giorni trascorsi sempre al massimo, con un divertimento e una goduria ben oltre ogni aspettativa iniziale, merito anche di un tempo da 110 e lode e di un festival ancora una volta capace di regalarci emozioni e qualche graditissima sorpresa inaspettata. L'appuntamento all'anno prossimo appare già scontato. Anche perché qualche nome è già stato annunciato in anteprima negli scorsi giorni (oltre alle altre già note oggi alla data di pubblicazione dell'articolo, WASP, Phenomena, Transatlantic, Monster Magnet e Sodom son già confermati). Noi (c'è da ribadirlo anche quest'anno?!) ci saremo! Cosa Aspettate?!

 


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